Ho visto un re

La recensione di Ho visto un re, di Giorgio Farina, a cura di Ignazio Senatore.

E’ una ventata d’aria fresca, il delizioso Ho visto un re, diretto da Giorgia Farina. Dopo il fulminante esordio con Amiche da morire (2013) e. i successivi Ho ucciso Napoleone (2015) e Guida romantica a posti perduti (2020), la regista romana fa centro con questa fiaba gustosa e divertente, ambientata nel 1936 a Roccasecca, in piena Campagna etiopica. Emilio (Marco Fiore), un bambino, vorace lettore delle avventure di Sandokan, la tigre della Malesia, è figlio di Marcello (Edoardo Pesce), podestà fascista del paese, sposato con Regina (Sara Serraiocco), inquieta pittrice. Quando a Roccasecca giunge Abraham Imirrù (Gabriel Gougsa), un principe etiope, catturato e preso in ostaggio, per la fervida immaginazione di Emilio, è la conferma dell’esistenza del suo eroe letterario. Considerato da Marcello un selvaggio pericoloso, Abraham è collocato in una voliera del suo giardino, al posto di un pavone. A differenza degli adulti, Emilio non è spaventato dalla presenza del principe ma, all’opposto, di nascosto dal padre, solidarizza con lui, lo protegge e gli porta del cibo. Grazie agli insegnamenti di Fausto (Lino Musella), lo zio progressista e antifascista, Emilio prende sempre più le distanze dal padre che, con scarso successo, prova a educarlo come un perfetto balilla. L’entrata in campo di Gemma (Blu Yoshimi), maestrina che piange Marzio, il fidanzato morto in Etiopia, e dello spaccone e cinico federale Trocca (Gaetano Bruno) rendono ancora più frizzante la vicenda.

Farina utilizza un consolidato clichè narrativo e, per affrontare i temi che riguardano l’attualità. ambienta la narrazione nel ’36. In questa favola, con garbo e con una dose di sferzante ironia, la regista affronta il tema del razzismo, dell’omosessualità, della parità dei diritti tra uomo e donna, ridicolizzando, i retorici e anacronistici miti fascisti che imperano, ancora oggi, in certi strati della società odierna. Non solo. Uno dei punti di forza di Ho visto un re e nell’aver riproposto, con sagacia, quell’ampolloso, retorico ed enfatico linguaggio utilizzato dai fascisti al tempo. La regista romana cita il Futurismo e mostra dei filmati di repertorio sulla guerra in Etiopia e sembra voler suggerire che solo lo sguardo innocente di un bambino può salvare l’umanità. In stato di grazia il cast. Sorprendente il piccolo Fiore. Da una storia vera.


di Ignazio Senatore
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