In fondo… è solo un fondo
Al convegno sul "Fondo di garanzia" si sono analizzate le responsabilità dei media nei confronti del cinema italiano.

Unica giornalista infiltrata fra i cineasti, mi sono trovata, al convegno sul Fondo di garanzia organizzato dal SNCCI e coordinato da Bruno Torri, ad analizzare le responsabilità dei media nei confronti del cinema italiano.
Partivo da un’inchiesta pensata e realizzata per «Tamtam», il giornale on line di Italia Cinema, che voleva provocatoriamente smontare la campagna demolitoria ai danni del «fondo» e, più in generale, del cinema italiano. Una campagna violentissima e basterà qui ricordare qualche titolo: Nuovo cinema italiano da buttare (Il borghese), Flop si gira (L’Espresso), Cinema, dallo Stato fondi a fondo perduto (Il Messaggero), Chi li ha visti? (Sole 24 ore), Il cinema italiano è rimasto a piedi (ancora «Il Borghese»).
Le principali accuse eccole: 1. il nostro è un cinema assistito ai limiti della carità pubblica, 2. è un cinema che nessuno vuole vedere e giustamente perché 3. è un brutto cinema.
Qualche verità, ma anche molta confusione e luoghi comuni giornalistici.
Confusione, per esempio, tra le varie forme di finanziamento – il fondo di garanzia, l’articolo 8, i premi di qualità. Tra cinema commerciale e cinema d’autore o comunque rivolto a pubblici minoritari e persino di nicchia ma magari può avere una lunga vita, non solo in sala e in tv, ma anche sulle tv via cavo, le pay, i circuiti alternativi, i festival, le università eccetera. Persino in internet, che in Italia è ancora parecchio indietro ma che sta già diventando un «distributore» (per ora off off, poi si vedrà).
È così che la caccia al ladro diventa caccia alle streghe. Invece non è vero che i film italiani siano tutti brutti e inguardabili. Tra quelli finanziati dal ’94 – anno della riforma – a oggi troviamo sì i «soliti ignoti» ma anche titoli importanti, abbastanza o molto visti, belli, persino divertenti. Ne citerei solo quattro, fra i molti, Fuori dal mondo, Liberate i pesci, Garage Olimpo, Pane e tulipani.
L’opinione, in controtendenza, comunque comincia a farsi strada. Pesaro ha dedicato quest’anno l’evento speciale al cinema italiano dei ’90 con una tesi che, in questo panorama mediatico, fa ancora effetto. Vito Zagarrio, curatore dell’evento, l’ha sintetizzata così: «i film italiani si sono rivelati migliori del cinema italiano». Intanto Nanni Moretti per tutto luglio 2000 fa il maestro di cerimonie al Nuovo Sacher proponendo, film più dibattito, i suoi «salvati». Titolo icastico e sciovinista: «Viva l’Italia!»
di Cristiana Paternò