Eterno visionario
La recensione di Eterno visionario, di Michele Placido, a cura di Mariangela Di Natale.
Un viaggio onirico pieno di passione e vitalità, una dichiarazione d’amore di Placido a Pirandello. Dopo aver diretto L’ombra di Caravaggio (2022), Michele Placido torna dietro la macchina da presa per dirigere un altro film storico, ma questa volta su un grande personaggio del Novecento, Luigi Pirandello. Presentato in anteprima ai Cantieri culturali della Zisa di Palermo durante le Giornate Nazionali del Cinema per la Scuola 2024, Eterno Visionario, al cinema dal 7 novembre con 01 Distribution, (dopo la Festa del Cinema di Roma) offre uno sguardo inedito su una fase della vita privata di Luigi Pirandello (Fabrizio Bentivoglio), per svelare le passioni, le ossessioni dello scrittore, il suo amore travolgente e impossibile per Marta (Federica Luna Vincenti) e il burrascoso rapporto con la follia della moglie Antonietta (Valeria Bruni Tedeschi).
Amburgo, 8 dicembre 1934. Luigi Pirandello in treno diretto a Stoccolma per ritirare il Premio Nobel per la letteratura, ripercorre i fantasmi della sua esistenza: Marta Abba, giovane attrice diventata sua musa ispiratrice che lo conquista durante un provino a Roma nel 1925 e che rappresenta il sogno di un amore indissolubile; la malattia mentale della moglie Antonietta Portulano ricoverata in manicomio nel 1919; il difficile rapporto con i figli Lietta, Stefano e Fausto. Rivede i suoi trionfi ma anche gli insuccessi come la rappresentazione dei Sei personaggi in cerca d’autore accolta da fischi e insulti nel debutto al Teatro Valle di Roma il 9 maggio 1921; l’illusione di una collaborazione cinematografica con il grande regista tedesco Friedrich Wilhelm Murnau.
Michele Placido spia tra le mura di casa del drammaturgo siciliano e vede l’uomo, il padre, il marito oltre al grande scrittore: “Noi studiamo a scuola un Pirandello letterato, che ha rivoluzionato il teatro, però non sappiamo nulla del suo vissuto, della sua famiglia, perché è la storia anche della famiglia Pirandello, dei suoi figli”. Un ritratto autentico e vivido, il tormento e la forza di un autore immenso del ventesimo secolo, un implacabile, eterno visionario: un genio. Un Pirandello sognatore mai visto prima.
La pellicola (liberamente ispirata a Il gioco delle parti. Vita straordinaria di Luigi Pirandello di Matteo Collura) ambientata fra Roma, la Stoccolma dei Nobel, la Berlino dei cabaret e di Kurt Weill, la Sicilia arretrata degli zolfatari e degli arcaici paesaggi, narra come la solitudine, la malinconica e le ossessioni familiari abbiano contribuito alla stesura delle opere di Pirandello. Anche l’incontro con la giovane attrice Marta Abba, l’amore impossibile, gli trasmette energia e vivacità: “Mi ha fatto rinascere come artista e come uomo”, dirà il drammaturgo a uno dei suoi figli.
Un genio capace di trasformare in arte la propria infelicità, il regista pugliese, che scrive pure la sceneggiatura con la collaborazione di Matteo Collura e Toni Trupia, tiene a raccontare il percorso esistenziale di Pirandello, più che interpretarne lo stile tecnico e narrativo, e a contestualizzare bene un personaggio che novant’anni fa, nel 1934, ricevette un Premio Nobel per la letteratura.
di Mariangela Di Natale