Nino. 18 giorni

La recensione di Nino. 18 giorni, di Toni D’Angelo, a cura di Ignazio Senatore.

Ci sono artisti che, sotto la luce dei riflettori, cambiano pelle e programmano la loro carriera, passo dopo passo, obbedendo, in silenzio, ai dettami dei loro agenti. Pur di occupare le prime pagine di quotidiani e riviste, di tanto in tanto, fanno dichiarazioni ad effetto, cambiano look e fingono di avere relazioni bollenti con dei personaggi che contano. Nino D’Angelo non è tra questi. “Io appartengo al popolo, a quelli che non hanno mai vinto.”, ha dichiarato, tanti anni fa, nel corso di un’intervista.

Gli rende omaggio il figlio Tony, con Nino 18 giorni, doc appassionato e appassionante, che ripercorre le vicende umane e la folgorante carriera del “caschetto biondo”,

Umile, timido, riservato, nato a San Pietro a Patierno, quartiere alla periferia di Napoli, Nino viveva con i genitori, fratelli e sorelle in un’unica stanza. Figlio di un calzolaio, al quale era legatissimo, ha mosso i primi passi sul palcoscenico, sin da bambino. Dopo aver avuto la consacrazione da Mario Merola, “re della sceneggiata”, amatissimo dai suoi fans, e essersi esibito in centinaia di matrimoni e feste di piazza, sbarca a Sanremo, nel 1986, con la canzone “Vai”. Alla partenza per la città ligure, c’erano cinquemila persone a salutarlo.

Per evitare che potesse ottenere un clamoroso successo, gli organizzatori del Festival, esclusero Napoli dal voto popolare. Una decisione che aveva spinto il cantautore a ritirarsi, ma poi, convinto dai familiari, non disertò la kermesse.

In una vecchia intervista, con parole semplici, senza vestire i panni del militante o dell’agitatore politico, dichiara: “Chi parla per la mia gente? Non parla mai nessuno, solo quando si deve andare a votare. Poi finite le votazioni, si sono dimenticati di questa gente. E se non parlo io per loro, chi parla?”

Con maestria, Tony D’Angelo, mescola le immagini del papà sui palcoscenici di tutto il mondo, ricorda le sue esibizioni al Madison Square Garden di New York e all’Olympia di Parigi, e con il suo commento off, narra anche le proprie difficoltà di vivere all’ombra di un personaggio così famoso. Il regista, dopo aver citato alcune delle pellicole sentimental-musicali (Celebrità, Giuramento, Lo studente, Nu jeans e na maglietta, La discoteca…), che ha visto Nino protagonista, ricorda l’amicizia del cantautore con Maradona e la composizione del brano “Il ragazzo della Curva B”, divenuto l’inno dei tifosi napoletani.

Il titolo fa riferimento ai giorni che trascorsero prima che Nino potette vedere Tony, il primogenito, perché al tempo era impegnato in una tournée a Palermo. Un racconto emozionante, mai celebrativo, che restituisce l’immagine di un artista che, nonostante la celebrità, non si è mai montato la testa, anche dopo aver ricevuto un David di Donatello per la colonna sonora di Tano da morire di Roberta Torre.


di Ignazio Senatore
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