L’attachement – La tenerezza

La recensione di L'attachement - La tenerezza, di Carine Tardieu, a cura di Ignazio Senatore.

E’ un film essenzialmente di scrittura L’attachement – La tenerezza, diretto da Carine Tardieu. Più che la rigorosa messa in scena, colpiscono, infatti, i dialoghi mai banali, talmente profondi e acuti, che a volte si ha la sensazione che siano fin troppo intellettuali e cerebrali. Sarà che la regista pesca a piene mani nel romanzo di Alice Ferney e, infatti, il peso della scrittura si sente e fa da padrone.

Protagonista Sandra (Valeria Bruni Tedeschi), single per scelta, accanita fumatrice e proprietaria di una libreria femminista. La sua vicina muore durante il parto, lasciando Alex  (Pio Marmaï), con due figli piccoli da crescere;  Elliot, (nato da una precedente relazione delle madre con David) e la neonata Lucille. Elliot, un bambino sveglio, intuitivo, attento a tutto quello che lo circonda, scioglie il cuore di Sandra, e le permette di accedere, così a una forma di attaccamento, fino allora a lei, sconosciuta. Alex, dal canto suo, per cercare di colmare la propria disperazione, si aggrappa a lei e prova, maldestramente, a farle la corte. Nonostante il sempre maggiore coinvolgimento emotivo, L’entrata in campo di Emilia (Vimala Pons), una travolgente ginecologa, sembra rompere gli equilibri ormai consolidati. Emilia sposa Alex ma…

Fin qui la trama che, a una lettura frettolosa, può sembrare, il solito film d’ambientazione borghese, una melassa tappezzata di sentimentalismi e strizzate di cuore. Quale allora il pregio del film?  E’ soprattutto nella descrizione della figura di Sandra, una donna che, anche se emotivamente coinvolta nel rapporto con Elliot e Alex, difende la sua scelta di autonomia e libertà e non prova a vestire i panni della single che, scoperto il desiderio di maternità, cerca di prendere il posto della madre defunta. Parimenti, Alex è descritto come un uomo tenero, confuso, fragile che, nonostante i contraccolpi emotivi, è fortemente legato ai bambini e, in loro nome, finisce per non vivere a pieni polmoni la relazione con Emilia.

La regista lascia che dei capitoli sottolineano le tappe della crescita di Lucille, dalla nascita ai due anni e arricchisce la vicenda con degli accattivanti brani musicali. Un film che, al di là della vicenda stessa, deve la sua forza nelle brillanti interpretazioni di una Valeria Bruni Tedeschi misuratissima, di un commovente Pio Marmaï e di una irresistibile Vimala Pons.


di Ignazio Senatore
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