100 litri di birra

La recensione di 100 litri di birra, di Teemu Nikki, a cura di Juri Saitta.

Taina e Pirkko sono due sorelle che vivono insieme in un paese della provincia finlandese, dove producono e vendono un’ottima birra artigianale, il sahti. Quando ne devono fare cento litri per il matrimonio della sorella, le due realizzano la loro bevanda migliore. Peccato che, per festeggiare il risultato, le protagoniste se lo bevono tutto, ragione per la quale dovranno trovare in pochissimo tempo altri sahti in giro per il villaggio.

A circa un anno di distanza da La morte è un problema dei vivi, Teemu Nikki torna dietro la macchina da presa con 100 litri di birra, un’altra black comedy dai toni grotteschi composta da situazioni paradossali e personaggi sopra le righe che si diverte anche a parodiare i generi cinematografici, in particolare il western e il thriller, entrambi sfruttati per alzare i toni ed evidenziare l’aspetto ironico della vicenda.

Infatti, se i momenti di sfida tra le protagoniste e i loro “avversari” di turno (concorrenti nella produzione di birra, clienti che cercano di non saldare il conto, ecc.) ricordano i duelli tipici del western e servono quindi a enfatizzare i conflitti vissuti dalle due donne, il countdown sulle ore che mancano al matrimonio è una soluzione da thriller che evidenzia la corsa contro il tempo delle eroine per marcare la natura tragicomica delle loro disavventure.

Ma mentre l’opera precedente sfociava nella tragedia ed era caratterizzata da ambienti cupi e claustrofobici, questa mantiene dei toni (quasi) sempre ironici ed è illuminata da una fotografia dai colori accesi – spesso tendenti al giallo -, che rende l’atmosfera più solare ed esalta gli ambienti aperti nei quali si svolge buona parte della storia.

Nonostante l’atmosfera apparentemente ariosa, ci troviamo di fronte a un’opera dal fondo molto amaro dove nel corso della narrazione si delinea un quadro umano e sociale doloroso dove emergono problematiche serie come l’alcolismo, la solitudine, le relazioni tossiche, il trauma e il senso di colpa.

Tutti elementi tematici in buona parte presenti anche nei precedenti La morte è un problema dei vivi e Il cieco che non voleva vedere Titanic e che confermano quindi la poetica di Nikki, che anche quando cambia il proprio stile visivo non rinuncia a raccontare i lati tragici dell’essere umano e, in particolare, della società finlandese.


di Juri Saitta
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