Together

La recensione di Together, di Michael Shanks, a cura di Francesco Parrino.

Tim (Dave Franco) e Millie (Alison Brie) sono una giovane coppia e si amano. Musicista lui, insegnante lei, la loro relazione giunge a un punto di svolta quando si trasferiscono in un paesino sperduto tra boschi e campagna, lontani da tutto ciò che conoscono e che è loro familiare. Mentre i due cercano di adattarsi alla nuova situazione, l’incontro con una misteriosa forza sovrannaturale darà una brusca sferzata al loro rapporto, rendendoli letteralmente inseparabili. Ovvero Together, opera prima di Michael Shanks. Una produzione NEON che vedremo al cinema con I Wonder Pictures a partire dall’1 ottobre eppure già molto chiacchierato. E non soltanto oltreoceano dove il film è arrivato al cinema quest’estate, ma anche qui in Italia, all’ultima edizione del Biografilm Festival di Bologna dello scorso giugno, dove è stato presentato in anteprima nazionale.

A partire dall’insita ironia legata alla chimica della sua coppia scenica, perché dietro i volti e i corpi caratteriali di Tim e Millie, dilaniati da perplessità, dubbi e sogni infranti di una vita precaria da trentenni, ci sono gli affiatatissimi Franco e Brie che fanno coppia fissa dal 2012 e che dal 2017 hanno convolato a nozze la loro unione. Al cinema li abbiamo già visti assieme nel sempre mai troppo celebrato The Disaster Artist e nei primi due lavori registici di Franco: The Rental, del 2020, e Mi ricorda qualcuno, del 2023. Entrambi con la sola Brie protagonista (del secondo è co-firmataria della sceneggiatura). Con Together arriva il primo vero film della coppia e “da coppia”, dove sono i protagonisti assoluti. Condizione di per sé facilitata anche dalla struttura da high-concept del racconto: una baita alla periferia di un paesino di suo già molto isolato, un culto sotterraneo spaventoso, delle sottili e inquietanti dinamiche da small town mistery.

La regia intima e serrata di Shanks, caratterizzata perlopiù di primi e primissimi piani che fanno calare sullo spettatore una coltre spettrale e claustrofobica, fa il resto e lo fa bene per essere un’opera prima. Tutt’intorno mutazioni e malformazioni da manuale del body-horror, jump-scare onirici un po’ calcolati ma comunque efficaci nell’innalzare al massimo la tensione scenica, e un’interessante chiave allegorica che si serve del Re dei Ratti e del mito platoniano dell’Androgino per parlare di amore come riscoperta identitaria, pongono i sigilli su un Together tanto piccolo nella forma quanto grande nella sostanza. Decisamente da vedere.


di Francesco Parrino
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