Bugonia

La recensione di Bugonia, di Yorgos Lanthimos, a cura di Gianlorenzo Franzì.

Probabilmente Povere Creature! è stato solo una (fortunata) deviazione da un percorso in crescita, quello di Yorgos Lanthimos; percorso nel quale la follia destrutturante è la forza propulsiva di un cinema che ormai -lasciato volontariamente per strada il lampo estemporaneo- è strutturalmente, inevitabilmente, assolutamente urgente e attuale nel suo voler essere ostinatamente saggistico e insieme post-ideologico.

Bugonia è si (quasi) fantascientifico, grottesco, demenziale, ma è anche prepotentemente una riflessione, ineluttabile, sulla dissoluzione della dimensione politica della società di oggi: ed è forse anche un traguardo, perché pur non rinunciando alla sua vena dissacrante, irridente, derisoria, Lanthimos gira il suo film più lineare, con la forza di un racconto breve, tanto è scarna la trama; e con la forza pensosa di un’opera che vuole -e riesce- a dialogare con il suo tempo.

Che poi il thriller sia il vestito che più piacevolmente l’autore indossa per uscire nella tormenta delle sue ossessioni è risaputo, e anche legittimo: Bugonia è un’indagine, gelida e tormentata, messa in piedi solo per scoprire altre illusioni, dubbi e verità nascoste rispetto a quelle che si volevano triangolare ma che alla fine si scoprono impossibili da mappare.

In fondo, è quasi primigenio ricercare la verità su noi stessi, sul senso della vita, sulla sua origine; così come lo è alzare la testa verso il cielo per trovare risposte, e guardare le stelle.

E ancora più in fondo, Bugonia è splendidamente fondato su questo sguardo concettuale che estremizza solamente la sua contemporaneità, le credenze del nostro tempo, soprattutto le dinamiche, e anche e forse soprattutto la fede nella capacità di ognuno di avere un suo codice personale per decifrare la realtà.

Ed è allora un percorso cosparso di quelle asperità logiche, ma anche visive, e concettuali, di quei nodi perturbati che Lanthimos ama inserire in un intreccio orizzontale intriso sempre di cinismo, riflettendo sulle manifestazioni distopiche e complottiste che inventiamo giorno per giorno, forse anche inconsapevolmente.


di Gianlorenzo Franzì
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