After the Hunt – Dopo la caccia

La recensione di After the Hunt - Dopo la caccia, di Luca Guadagnino, a cura di Roberto Baldassarre.

Luca Guadagnino sta entrando nel novero di quei registi che si apprezzano o si detestano, senza mezze misure. Collateralmente anche per le ultime dichiarazione rilasciate. Mettendo però da parte queste opinioni, è incontrovertibile che Guadagnino sia un ottimo regista, sempre più autore di caratura internazionale. Sin dal suo primo lungometraggio, il thriller The Protagonists (1999), il suo approccio cinematografico era già di ottica americana.

Con ormai una cadenza realizzativa annuale, alla Woody Allen, Guadagnino propone opere sempre più speculative nelle tematiche trattate, adottando romanzi pre-esistenti oppure generi codificati. Passato, fuori concorso, alla recente 82ª Mostra Internazionale d’arte cinematografica di Venezia After the Hunt – Dopo la caccia (2025), su una sceneggiatura scritta dall’esordiente Nora Garrett, giovane attrice che nel film ha il ruolo di Billie, contamina il dramma intimo e psicologico con una tensione emotiva da thriller. Una storia femminile, in questo caso doppia, che si ricollega al post #metoo. Una riflessione visivamente gelida e tagliente che rispecchia tanto il milieu dei personaggi (ambiente alto-borghese) quanto il loro distaccato atteggiamento interpersonale. E ugualmente distaccata la narrazione, che vuol mostrare come possa essere labile il confine tra verità e menzogna; o comunque una errata comprensione di un approccio sessuale.

Se nel finale sappiamo che una delle due donne ha mentito, in merito alla vicenda dell’altra permaniamo con il dubbio. After the Hunt, appunto, non vuole dipanare il fatto incriminato, ma scrutare gli atteggiamenti e le psicologie di tutti i personaggi in gioco e di quelli esterni che devono valutare cosa è vero o no. Questa disamina a 360º è demandata in particolare ai fitti dialoghi tra Alma Olsson (Julia Roberts) e la controparte che presenta la sua verità o il suo punto di vista: lei e il marito Frederick (Michael Stuhlbarg); lei e il giovane collega Hank (Andrew Garfield); lei e Maggie (Ayo Edebiri); lei e il preside; lei e il medico dell’università. Ogni confronto/scontro verbale è per Alma un ritorno al suo passato riposto ma non dimenticato.

Si è citato Allen all’inizio, e nel film aleggia quella riflessione alleniana-dostoevskiana su delitto e castigo, tra destino e caso. E lo stile di Allen viene menzionato direttamente attraverso i titoli di testa, sia per il font utilizzato che per lo stile musicale. Però in questo decimo lungometraggio si ravvisano anche palpabili atmosfere kubrickiane, alla Eyes Wide Shut (1999). Non soltanto per l’andamento dello sviluppo narrativo, ma anche la colonna sonora curata da Trent Reznor e Atticus Ross, con alcuni fraseggi pianistici che paiono derivativi di Ligeti. After the Hunt è formalmente impeccabile, in particolare la sequenza pre-titoli di testa che sintetizza metaforicamente la vita quotidiana di Alma, però appare come un’opera scritta a tavolino, con climax, dialoghi e risvolti narrativi troppo programmatici. Mentre le recitazioni degli attori aderiscono bene all’aspetto gelido della vicenda, tra cui una Julia Roberts ormai pronta per ruoli maturi.


di Roberto Baldassarre
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