Yannick – La rivincita dello spettatore
La recensione di Yannick - La rivincita dello spettatore, di Quentin Dupieux, a cura di Elisa Baldini.

In un’epoca in cui i film sforano quasi tutti la durata delle due ore, non siamo più abituati a pensare che soli sessantasette minuti riescano a dirci qualcosa di significativo. E invece arriva Quentin Dupiuex, si allontana dal vorticoso ed irriverente surrealismo di film come Doppia pelle e Mandibules – Due uomoini e una mosca e ci garantisce, in un ostaggio brevissimo in 4:3 (la dimensione più consona ad un film da camera dove la camera è un teatro), un’incursione approfondita e sfaccettata sul bisogno patologico di ognuno di noi di affermare il proprio io narcisistico, sopra e sotto il palcoscenico.
Yannick (uno stupefacente Raphaël Quenard), guardia notturna che ha sacrificato un giorno di ferie per vedere una commedia che non lo diverte affatto, lo dice chiaramente: “Soggettivo funziona da entrambe le parti.” Questa affermazione, a mio parere, va intesa in senso letterale: tutti siamo potenzialmente dei soggetti interessanti, sia chi fa parte della platea, sia chi declama uno spettacolo provato per sei mesi. Più che la rivincita di uno spettatore nei confronti del mancato godimento artistico, Yannick – La rivincita dello spettatore ingaggia una vera e propria lotta per chi si conquista il diritto di tenere in mano la pistola, e cioè imporre l’attenzione su di sé, suscitare l’empatia di chi lo circonda, ed evitare quindi l’umiliazione dell’anonimato, condizione peggiore, quasi, a quella della morte, come dimostra il violento exploit dell’attore Paul Rivière (Pio Marmaï), più invidioso delle simpatie che il suo rapitore suscita nel pubblico che desideroso di mettersi in salvo.
L’intervento di Dupieux, la cui mano si avverte pochissimo se non nella posizione della macchina da presa sopra o sotto il palcoscenico, si fa sentire come nota di pericolo sottolineata da un lugubre e ripetuto accordo di pianoforte (così diverso dai brani melodiosi e liberatori di Emahoy Guèbrou che aprono e chiudono il film) non quando compare la pistola, ma quando Yannick inizia a scrivere lui stesso il testo teatrale che farà divertire tutti. In quell’unico momento la macchina da presa si alza per qualche istante a mostrare il palcoscenico dall’alto: gli attori ed il comune mortale sono tutti sullo stesso piano, in attesa del giudizio del pubblico.

di Elisa Baldini