Vincent deve morire

La recensione di Vincent deve morire, di Stèphan Castang, a cura di Ignazio Senatore.

Mentre è in ufficio e, tranquillamente, sta svolgendo il suo lavoro, Vincent (Karim Leklou), stimato grafico di Lione, è aggredito da uno stagista che gli procura un vistoso taglio sul volto. Il giorno seguente, un collega, si scaglia ripetutamente contro di lui e lo ferisce a un braccio. Nessuno sa fornire una spiegazione di quanto accaduto, Vincent non protesta, non denuncia chi lo ha aggredito e, precauzionalmente, è invitato dal capo a proseguire il lavoro da casa e ritornare in ufficio quando le acque si sono calmate. Per strada, chiunque incrocia lo sguardo di Vincent, come impossessato da una forza misteriosa, lo insegue con l’intento di ucciderlo. Sempre più malconcio, Vincent fa conoscenza di un senza tetto, che gli svela che anche lui è vittima di queste violente aggressioni, e gli consiglia di visitare un sito, dove un gruppo di persone, denominate “sentinelle”, illustrano a chi sta vivendo quell’incubo, come difendersi dagli aggressori. Vincent evita i centri abitati e s’imbatte in Margaux (Vimala Pons), una dolce cameriera di un fast food….

In Vincent deve morire, il regista transalpino Stèphan Castang, all’esordio, impagina un thriller, con venature horror di discreta fattura. I protagonisti di queste assurde aggressioni non sono influenzati da un demone, né tantomeno perché entrano in contatto con zombie o con altre malefiche creature. A scatenare la loro furia omicida è semplicemente l’incrociare lo sguardo di un altro. Ci sarebbe da scrivere decine di volumi sui rapporti tra cinema e sguardo e non è forse un caso che il regista francese voglia raccontarci una storia di follia collettiva che si innesca a partire da uno dei principi della comunicazione umana.

Castang diserta lo scavo psicologico e le letture di stampo sociologiche e non offre nessuna spiegazione sul perché degli sconosciuti aggradiscono il primo che gli capita a tiro senza fornire una spiegazione del loro folle gesto. A lasciare il segno è proprio la scelta del regista di mettere in scena questa bieca e sordida violenza, figlia di una primitiva e incontrollata istintualità. L’ingesso in campo della dolce e tenera Margaux allenta il clima cupo e senza speranza che serpeggia in tutto il film. In questo incubo ad occhi aperti, da incorniciare le scene di Vincent e Margaux che, per evitare di cadere nella spirale di violenza, si bendano, a turno, gli occhi. Per gli amanti del genere.


di Ignazio Senatore
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