Un anno difficile
La recensione di Un anno difficile, di Olivier Nakache e Eric Toledano, a cura di Alessandro Amato.
Olivier Nakache e Eric Toledano hanno un invidiabile talento: fare cinema popolare senza rinunciare a uno sguardo critico sulla realtà. A partire dall’instant cult Quasi amici (2011), con la buffa dinamica di un giovane nero che deve occuparsi di un attempato bianco in sedia a rotelle, fino a The Specials – Fuori dal comune (2019), storia di educatori di bambini con autismo, i due registi francesi hanno sempre lavorato sulla complessità del mondo. La loro ultima commedia, Un anno difficile, è quindi l’apice di questo percorso.
Tramite le vicissitudini degli insolventi cronici Albert e Bruno e il loro casuale (ma non troppo) incontro con un’attivista ambientale e il suo gruppo, esplodono tutte le contraddizioni del nostro presente. «Stiamo creando generazioni di iperconsumatori compulsivi… vorrei lanciare un grido d’allarme!», afferma la ragazza interpretata da Noémie Merlant, brava a disegnare un personaggio che comodamente poteva finire in parodia. Da quel momento, che sia per approfittare della situazione per fini personali (entrambi) o per avvicinare l’avvenente Cactus (entrambi, poi solamente Albert), i due protagonisti si faranno sempre più coinvolgere nelle attività volte alla sensibilizzazione dell’opinione pubblica sulla crisi climatica.
L’idea del film pare nasca dalle dichiarazioni, montate sotto i titoli di testa, dei capi di governo francesi che ogni anno da cinquant’anni affermano di uscire da “un anno difficile”. Ma se ciò accade praticamente dalla fine del secondo confitto, perché non si agisce proponendo soluzioni? Le risposte possono essere molte e probabilmente non facili da riassumere. Per questo interviene il cinema, che in quanto arte può scolpire diversi livelli di verità. Nel complesso il film di Nakache e Toledano riesce nell’intento di intrattenere facendo riflettere, risultato sempre più utopistico nel mercato delle dicotomie discorsive. Peccato solo per i dieci minuti finali, dove questo coraggio viene un pelo meno.
di Alessandro Amato