Tutti a parte mio marito

La recensione di Tutti a parte mio marito, di Catherine Vignal, a cura di Ignazio Senatore.

Iris (Laure Calamy), quarantenne dentista è sposata da anni con un uomo (Vincent Elbaz), silenzioso e discreto, ma emotivamente distante e sempre più immerso nel lavoro. Svuotata e delusa, Iris si reca a scuola per avere notizie delle figliolette e confida ad un’amica che non fa più l’amore con il marito da tempo. La madre di un alunno, ascolta, per caso, le sue confidenze e le suggerisce di iscriversi a un a chat di incontri per persone sposate.

Un po’ per gioco, un po’ per assaporare nuovamente il gusto della vita, Iris, si iscrive alla chat e, prima di incontrare chi ha stimolato, in qualche modo, la sua curiosità, s’impone delle regole. Escluse le persone del quartiere dove abita, quelli che hanno a che fare con la sua professione, per evitare coinvolgimenti emotivi, decide che, una volta andato a letto con lo sconosciuto, non lo rivedrà una seconda volta e che si recherà nel suo appartamento. Gli uomini che incontra sono dei dongiovanni discreti e gentili affabili e, lasciandosi sempre più trascinare al gusto dell’avventura e della trasgressione, Iris rientra sempre più tardi a casa. Ma il lieto fine è alle porte.

Catherine Vignal, al secondo film, dopo Io, lei, lui e l’asino, confeziona una commedia leggera, ma garbata, e mette in campo una quarantenne borghese che, senza farsi travolgere dai sensi di colpa, decide di respirare la vita a pieni polmoni, di riscoprire il proprio corpo e di godere fino in fondo la propria sessualità. Non siamo dalle parti de Lo sguardo dell’altro di Vicente Aranda e la tenera Calamy non è divorata dai fantasmi autodistruttivi che popolavano la mente del personaggio interpretato da Laura Morante.

Vignal sceglie un’ambientazione borghese, non confeziona un film militante e di stampo femminista e dosa bene i dialoghi, che strappano qua e là qualche sorriso. Inoltre, intelligentemente, non punta sul una femme fatale ma sulla Calamy, la classica donna della porta accanto, dolce ma un po’ anonima ed ordinaria.


di Ignazio Senatore
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