Sull’Adamant – Dove l’impossibile diventa possibile

Le recensioni di Sull'Adamant, di Nicolas Philibert, a cura di Emanuele Di Nicola e Mariangela Di Natale.

La recensione di
Emanuele Di Nicola

Nicolas Philibert torna al tema già trattato nel suo film del 1997 La moindre des choses: la follia. Se in quel documentario seguiva il laboratorio teatrale di un gruppo di “matti”, che preparavano una rappresentazione, le cose cambiano in Sull’Adamant – Dove l’impossibile diventa possibile, vincitore dell’Orso d’oro alla Berlinale 2023. Prima di tutto, nel titolo è contenuto un luogo, l’Adamant appunto, centro di cura all’avanguardia ospitato in una struttura galleggiante sulla Senna. Philibert coi suoi collaboratori sale a bordo, esegue la consueta mimesi trascorrendo del tempo con i pazienti affetti da disturbi mentali, i medici e gli infermieri che li curano. La realtà del centro rovescia il paradigma della disumanizzazione nel trattamento psichiatrico, al contrario uomini e donne vengono seguiti stimolando attività musicali, di disegno e perfino un cineforum. Tale strada è quindi possibile.

Ma, come sempre nel lavoro di Philibert, la sostanza dello sguardo non si limita certo al soggetto che osserva, ma sta tutta nel come decide di osservare. Il francese, uno dei maggiori documentaristi viventi insieme a Frederick Wiseman, non replica la tecnica entomologica di quest’ultimo ma calibra l’occhio sul piano umano, quindi diviene inevitabilmente umanista. Come i bambini nella scuola elementare di Essere e avere (Être et avoir), come i non udenti di Nel paese dei sordi (Le pays des sourds), così vengono osservati i “matti”: non oggetti ma personaggi, vere e proprie figure narrative estratte dalla realtà con uno straordinario potere di raccontare. Fin dall’inizio, quando vediamo un paziente cantare La bombe humaine dei Téléphone, passando poi alle lezioni di disegno e alla loro interpretazione, che può essere tanto tenera quanto esilarante.

C’è una signora che si lamenta per la mancanza di amici e c’è un anziano appassionato di cultura, che anima il cineforum introducendo Effetto notte di Truffaut. E il motivo del loro disturbo è ancora più significativo: non tutti sono “impazziti” per problemi endemici dalla nascita, si può anche perdere la bussola all’improvviso per l’abbandono di una moglie. Grandi personaggi, dunque, che a tratti offrono repentine rivelazioni del loro stato e una profonda consapevolezza di sé: un paziente spiega lucidamente che deve prendere medicine per mantenere l’equilibrio. Ecco allora qual è la vera posizione della follia: un passo di lato dalla normalità. Philibert dimostra qui che i “matti” non sono lontani da noi, anzi ne facciamo parte, basta guardarci dentro. La diretta conseguenza è garantire un trattamento umano, che peraltro ottiene effetti migliori, proprio come
fa l’Adamant, una resistenza galleggiante, un’isola che c’è.

La recensione di
Mariangela Di Natale

Sull’Adamant – Dove l’impossibile diventa possibile, di Nicolas Philibert, premiato con l’Orso d’Oro al 73° Festival di Berlino, arriva nelle sale italiane con I Wonder Pictures dall’11 marzo in concomitanza con il centenario della nascita di Franco Basaglia, celebre psichiatra e neurologo italiano, innovatore nel campo della salute mentale nonché ispiratore della legge che porta il suo nome.

La visione umanistica del documentarista francese che entra in un centro psichiatrico atipico parigino, per ribaltare l’immagine di “invisibilità” dei malati mentali spesso raccontati in maniera disumanizzante. Attraverso il suo  sguardo tenero  e sensibile,  Philibert ci conduce con estrema grazia verso i più fragili facendoci  conoscere una quotidianità spesso ignorata, che resiste tenacemente in un mondo che pensa solo agli scopi  economici anche nel settore sanitario. Un documentario sul disagio sociale che narra il grande lavoro di un presidio psichiatrico in cui si toccano con mano, tra gli sguardi smarriti, i balbettìi e i gesti inconsulti, sofferenza e solitudine.

L’Adamant è un battello ormeggiato sulla Senna a Parigi, utilizzato come struttura diurna con un team di operatori psicologici e psichiatrici che cerca di portare avanti un progetto di ascolto e rapporto umano con il paziente, personalizzando  le terapie, aiutandolo nella cura e a mantenere alto il morale, offrendogli un radicamento nella vita di tutti i giorni. Un day hospital insolito, galleggiante nel cuore di Parigi, che si può frequentare ogni giorno o saltuariamente, dove vengono organizzati laboratori di cucito, disegno, musica, danza e cinema, per esprimere e sviluppare le proprie tendenze e capacità artistiche.

Nicolas Philibert, con alle spalle una lunga filmografia che conta più di trenta documentari, si pone davanti la telecamera con gentilezza e discrezione senza mai cercare l’inquadratura perfetta, comprovando “la follia” in tutta la sua espressione e singolarità. Si avvicina ai malati, li riprende singolarmente e anche durante le sedute collettive, catturando momenti di comunità. Li incontra personalmente, li lascia parlare delle loro debolezze e solitudine sociale, rendendoli protagonisti. Esplorando le loro vite e attraverso lavori creativi, vengono fuori persone straordinarie, musicisti, cantanti, pittori e appassionati di musica. Una visione quasi giocosa che  il cineasta transalpino sceglie per sovvertire l’idea “deprimente” dei centri di cura psichiatrici, dall’elettrizzante canzone con cui si apre il film, a presunti musical o assoli con chitarra elettrica.

Un ritratto di vera umanità, doloroso ma a volte anche divertente, che abbatte i pregiudizi sui soggetti con disturbi mentali attraverso un rapporto di dialogo significativo ed empatico, in cui bisogna trovare la chiave giusta per accostarsi  ed entrare. L’Adamant è innanzitutto un punto di relazioni che cerca di resistere al deterioramento e alla disumanizzazione della psichiatria e costituisce un’implicita protesta contro la condizione difficile delle strutture ospedaliere francesi. È uno spazio accogliente, lontano da comuni o austeri ospedali psichiatrici, dove i terapeuti non somministrano solo farmaci, ma ricorrono a pratiche alternative quali l’autoconsapevolezza, attività sociali e di comunità, come andare a comprare i cibi e cucinare insieme. Un luogo confortevole, per soggetti di tutte le età, in cui scegliere di vivere e  restare come il miraggio di una casa, “almeno  finché sarà possibile”. Philibert ritrae una realtà complessa e circoscritta, descrivendo  i metodi di lavoro e lo spirito che si respira all’interno de l’Adamant, abbattendo le barriere che ci separano da questa “follia reale”, trasformandola in  una semplice alterazione nella percezione della realtà, regalando momenti di vero fascino e bellezza.


di Emanuele Di Nicola e Mariangela Di Natale
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di Emanuele Di Nicola e Mariangela Di Natale
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