20.000 specie di api
La recensione di 20.000 specie di api, di Estibaliz Urresola Solaguren, a cura di Ignazio Senatore.
Alla vigilia della festa in onore di San Giovanni Battista, Ane (Patricia Lopez Arnaiz) raggiunge la madre, nella città natale, per una vacanza di una settimana, assieme ai tre figlioletti; il maschietto Eneko, la femminuccia Nerea, e Aitor (Sofia Otero), un bimbo di otto anni, che tutti chiamano Cocò. Incarcerato in un corpo maschile, Aitor si siede sul water quando fa la pipì e, in piscina, si copre con un accappatoio per non mostrarsi in costume di fronte agli altri bambini. Tormentato dal dubbio che, quando era nella pancia della madre, gli sarà successo qualcosa, a Eneko chiede se ha sempre saputo di essere un maschio.
Ane non fa drammi e, paziente e accudente, quando Aitor le confessa: “Da grande diventerò come papà? Non voglio!”, lei, convinta che sta vivendo una transitoria e fisiologica fase di esplorazione del proprio corpo. gli risponde, sorridendo, che potrà diventare quello che vuole. Sua madre, invece, prova ad aprirle gli occhi e le chiede di essere più decisa con il bambino e mettergli dei limiti. Ma Ane ha i suoi problemi da risolvere; in crisi con il marito Gorka, non sa ancora come pianificare la carriera di scultrice, nata sulle orme del padre, artista famoso che, su idea della moglie riproduceva poi le sue opere in cera. In quella località estiva vive anche zia Dolores (Ane Gabarain), un’abile apicultrice, che intuisce il dramma del nipotino e confida ad Ane che, parlando di sé, Aitor adotta degli aggettivi al femminile. Ana accetta il suo consiglio, parla al figlio e solo allora Aitor le confida che vorrebbe essere chiamata Lucia.
Estibaliz Urresola Solaguren, all’esordio, dirige una pellicola garbata che affronta il delicato argomento dell’identità di genere, in tenera età. Un argomento, in verità, già trattato, con il tono della commedia, nel delizioso e profondo (ma anche divertente) La mia vita in rosa di Alan Berliner (1997). La regista spagnola adotta un passo più raccolto e intimista (un po’ troppo trattenuto?) e lascia che le attività di scultrice di Ane e di apicultrice di zia Dolores, facciano da cornice ai dubbi identitari del piccolo Aitor. Presentato in concorso al Festival di Berlino 2023, dove la giovanissima Sofia Otero è stata premiata con l’Orso d’Argento come miglior attrice protagonista. Il titolo rimanda alle ventimila specie diverse di api e rimanda come in natura, esistano infinite identità di genere.
di Ignazio Senatore