Venere nera di Abdellatif Kechiche – 67a Mostra del Cinema di Venezia – Concorso
All’inizio dell’ottocento l’entusiasmo che accompagnò l’esplosione delle scoperte scientifiche indusse alcuni studiosi a pensare che la superiorità delle razze caucasiche, a fronte di quelle di colore, potesse essere motivata da dati incontrovertibili, come misurazioni di parti del corpo, peso del cervello, conformazione degli organi sessuali. Una sorta di lombrosianesimo ante litteram che, purtroppo, aprirà la strada a non poche forme di razzismo. L’amaro destino di Saartjie Baartman incrociò questa strada. Lei era una nera giunonica, d’origine sudafricana, esibita – prima a Londra, poi a Parigi – come fenomeno da baraccone. Il suo corpo imponente destò l’interesse di Georges Cuvier, anatomista dell’Accademia Reale di medicina a Parigi, che vi scorse la prova definitiva della sua teoria secondo cui i neri erano inferiori ai bianchi perché parenti stretti delle scimmie. La poveretta, dopo essere stata palpeggiata da migliaia di spettatori inglesi attirati alle dimensioni imponenti del suo sedere, finì, con un altro impresario, nella capitale francese, utilizzata come attrazione per i festini della nobiltà. Bastò un accenno di ribellione per essere spedita in una casa di tolleranza, prima, e a prostituirsi in strada, poi. Minata dalla tisi, si spense, nel 1817, a meno di trent’anni. Il suo corpo – sezionato, smembrato, usato per un calco – rimase esposto al Musée de l’Homme, a Parigi, sino al 1976 quando, con decisione unanime del parlamento francese, i suoi resti furono ricomposti e inviati in Sud Africa per essere degnamente tumulati. Abdelllatif Kechiche, regista francese d‘origine tunisina, ha portato sullo schermo il calvario di questa donna con un film, Venus noire (Venere nera), molto interessante in cui montaggio e qualità delle immagini sono al servizio di una storia toccante e ben raccontata. Efficace il modo in cui, senza indulgere a esposizioni troppo didascaliche, ricostruisce le follie pseudo scientifiche dell’epoca e le colloca nell’ambito del una società che coniuga evoluzione tecnica a decadenza. E’ un film forte e di grande effetto.
di Umberto Rossi