Un’occasione per la critica


Articolo di Piero Spila pubblicato sul numero 70-71 di CineCritica dedicato al Nuovo Cinema Italiano.
Quando abbiamo pensato al Primo Piano dedicato ad un Nuovo cinema italiano possibile abbiamo anche deciso di coinvolgere critici che fossero in qualche modo omologhi agli autori da presentare e analizzare. Li abbiamo scelti tra i colleghi più giovani ma già apprezzati per la loro curiosità e capacità di intercettare il “nuovo”, per il metodo di analisi, la scrittura personale. Ovviamente, i critici qui presenti non sono i soli possibili, sono solo i primi a cui abbiamo pensato e che hanno accettato di essere coinvolti con entusiasmo. Fortunatamente ce ne sono altri, non tanti. Con loro intendiamo proseguire il lavoro a favore del nuovo cinema italiano, intendendo per tale quello indipendente, fuori norma e anche estremo, lontano dall’industria dello spettacolo e quindi a rischio di emarginazione, un cinema mai compiacente, che vuole capire e non solo raccontare, capace di affrontare realtà complesse e ostili (emigrazione, disoccupazione giovanile, ingiustizia sociale, disagio) e di farlo con uno sguardo nuovo dal punto di vista del linguaggio espressivo, della forma del racconto, dell’eticità e della responsabilità. Purtroppo è un cinema residuale, costretto dal sistema a vivere a pane e acqua, e ogni tanto qualche lustrino (la partecipazione a un festival internazionale, un premio, una recensione strappata al capo servizio delle pagine cultura di un giornale); una sorte non molto diversa, speculare se non addirittura peggiore, è quella dei critici, o almeno di chi vorrebbe fare critica in un certo modo, anzi nell’unico modo in cui è giusto esercitare la critica cinematografica, ed è invece costretto a segnare il passo, a contrattare il numero delle righe e le “uscite”, ma anche a lasciare spazio alle considerazioni “à propòs de” elargite dal tuttologo di turno o, peggio, al giornalismo pubblicitario (il trionfalismo del box office, i gossip e lo star system, le interviste tutte uguali pubblicate lo stesso giorno). Di fatto, un esercizio della ragione e del sapere, un modo di confrontarsi con il cinema che ha conosciuto momenti alti e fondamentali nel dibattito culturale del paese, è ormai praticamente scomparso, relegato, almeno per quanto riguarda la ricerca teorica e l’approfondimento, in spazi istituzionali delimitati e separati (l’università, e dunque l’accademia) oppure esercitato in qualche rivista specialistica o disperso nella pratica critica on-line, qualche volta attenta e incisiva, ma spesso anche segnata da sciatteria, caotica e inflazionata. Sappiamo bene che non è solo questione di spazi e occasioni (nel mercato mediatico non si regalano spazi a nessuno, semmai si conquistano), e poi capita che anche i pochi spazi disponibili siano usati a volte in modo inappropriato, con sufficienza e stanchezza, magari dissimulando la propria funzione specialistica, provando a invadere il terreno altrui con il commento brillante e l’annotazione provocatoria, con il recupero o l’infatuazione che fa scandalo (il trash, il filone comicarolo, il poliziottesco, ecc.). E’ su questo terreno che la critica perde ruolo e identità, ma a pagarne le conseguenze più gravi è proprio il cinema più innovativo e dirompente, penalizzato da un’informazione cinematografica che pensa ad altro, ma anche dalla debolezza di chi dovrebbe invece essere a suo fianco. Ma su questo ci saranno altre occasioni per discutere, confrontarsi e magari fare autocritica.
Una volta si diceva non c’è grande cinema senza una grande critica cinematografica, e gli esempi non mancavano, oggi sembra quasi una facezia, che invece bisognerebbe provare a far tornare verità: ad esempio ripristinando un dialogo più continuativo fra autori e critici, e naturalmente fra critica e pubblico. Per i critici significa difendere la propria identità, pensare-cinema, parlarne e scriverne senza mischiarsi alla chiacchiera e all’indifferenziazione Per gli autori è la possibilità di coltivare un confronto, che vada oltre il semplice giudizio di merito sul film, e diventi invece riflessione e approfondimento, e quindi crescita. Le conversazioni con i sette giovani autori pubblicate sul nostro Primo Piano avviano un’iniziativa che ci auguriamo diventi una consuetudine utile agli interlocutori ma soprattutto al cinema che più amiamo. I sette autori invitati, presi uno per uno propongono un’idea di cinema personale e stimolante, ma tutti insieme costituiscono già un movimento, una massa critica a nostro avviso sorprendente. Se il futuro della critica non può che essere nella specializzazione, allora l’alleanza più naturale è data proprio dall’incontro con il cinema più nuovo e indipendente.
di Piero Spila