Il mondo a parte di Riccardo Milani può essere di tutti
Quant’è importante la scuola nell’Italia di oggi? Un mondo a parte di Riccardo Milani riesce a dare tante risposte a questa domanda così apparentemente retorica. Con estrema onestà nel trattare tematiche sul territorio e scrivendo a quattro mani la sceneggiatura con Michele Astori, autore con lui anche di Grazie ragazzi, Milani declina la commedia italiana ad alcune istantanee sul nostro paese. Sceglie l’Abruzzo, una regione e un dialetto poco battuti dall’immaginario collettivo, anche se tanti furono gli insospettabili set passati da lì, e come un piccolo Ken Loach mette in campo temi del reale. In questo caso la restanza, fenomeno per il quale si decide di rimanere con propositiva determinazione nel proprio territorio seppur disagiato, tutto per migliorarlo; lo spopolamento scolastico, perché ci porta in un minuscolo comune di montagna, in una piccola pluriclasse di bambini che potrebbe chiudere a causa dei suoi numeri esigui; il pendolarismo, visti i chilometri affrontati quotidianamente da maestre e personale scolastico a dispetto di neve e tornanti; l’integrazione degli immigrati, sia dei nuovi arrivati che dei loro figli, gli italiani di seconda generazione. Poi Milani mostra la convivenza con le tradizioni e la natura, tra orsi da proteggere, ricette con erbe montane, lupi che ululano lontani e cervi curiosi per le strade. Tutte cose che sempre più spesso i bimbi di città non vedono più nemmeno in uno schermo. E infine, ci un piccolo inciso su una storia di disagio giovanile in famiglia da non citare oltre per non spoilerare, nonché lo sfioramento gentile sull’Ucraina e i bambini fuggiti dai conflitti con i loro genitori verso vite tutte da reinventare. Insomma, si parla di pace senza mai citarla ma provando a praticarla in concreto.
La centralità scolastica emerge proprio da questo corollario sociale che Milani ci racconta con impegno civile e leggerezza nella sua nuova commedia fatta di buffi tormentoni come il verso contratto per salutarsi, le imprecazioni contro il Monte Majella e la frase che potrebbe diventare un piccolo simbolo di comicità: “La montagna lo fa”. Capi compagnia dell’allegro carrozzone di bimbi e adulti Virginia Raffaele, la vice-preside marsicana, e Antonio Albanese, il maestro settentrionale trasferito da Roma per una vita più a misura d’uomo. Molto cast include abitanti dei comuni di Opi e Pescasseroli, dov’è stato girato un film che va ben oltre lo “spottone” regionale da Film Commission perché tutto il nostro Paese è costellato di piccoli comuni che dal mare alla montagna spesso soffrono per arretratezze varie rispetto ai grandi centri.
“Credo sia un bel segnale che arriva forte dai piccoli centri del nostro Paese, un segnale di resistenza umana e culturale di un’Italia che non vuole arrendersi e non vuole abituarsi al peggio”. È stata la dichiarazione di Riccardo Milani riguardo agli ottimi numeri iniziali del film. Uscito in sala il 28 marzo, nei primi 6 giorni di programmazione Un mondo a parte ha totalizzato un incasso di 2,97 milioni di euro per oltre 427.000 spettatori. Pasqua e Pasquetta hanno agito come trampolino e pure il martedì 2 aprile, con la naturale discesa di pubblico dopo le Feste ha tenuto con 190.000 euro d’incasso giornaliero. Secondo solo a Kung Fu Panda 4, con 255.000, giusto per avere una misura, e seguire Godzilla e Kong con i loro 162.000 euro. Dopo il quarto posto di Priscilla di Sofia Coppola, con 37.000 euro d’incasso post-pasquale, inizia un baratro di numeretti. Invece Milani e i suoi con un passo del genere potrebbero costruire un solido risultato durante l’intera permanenza in sala.
Alla base anche un attento lavoro di promozione e anteprime capillari voluto da Medusa Film, che solo nei 7 giorni precedenti l’uscita ha totalizzato ben 20 proiezioni d’anteprima in 15 città, tutte accompagnate da regista e protagonisti. E il viaggio di Albanese, Milani e Raffaele per i cinema italiani prosegue tra applausi divertiti e commozione degli spettatori di ogni età in una staffetta che si amplia di diverse date d’incontri e visioni anche dopo Pasqua. “Il nostro tour finirà il 17 luglio”, aveva puntualizzato sarcasticamente sconsolato Albanese durante la conferenza stampa di Pescasseroli del 22 marzo.
Una presentazione sentitissima nella Marsica, con tanto di pienone e banda del paese a suonare il motivo simil partigiano scritto per C’eravamo tanto amati, citazione per Ettore Scola, a cui è intitolata la sala da 160 posti di questo paese da 1800 anime e 45 abbonati. Un green carpet e tante foto del set sui muri delle case, percorrendo i vicoli di sampietrini bianchi per addobbare a festa un paese che ha salutato giornalisti e critici a colpi di genziana, confetti e prelibatezze che spuntavano letteralmente da ogni dove. Mentre tra una visita al Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise (fondamentale per tante scene montane) lo stesso Milani ci mostrava fiori di zafferano selvatico dopo una passeggiata nel paese a salutare gli anziani seduti fuori ai bar che lo trattavano con l’affetto burbero tipico degli Appennini.
Mainstream, industria culturale e immaginario collettivo si potrebbero connotare da sempre di forte tendenza Roma-centrica per quanto riguarda la celluloide. Cioè, una grande parte di cinema italiano, è stata girata e/o ambientata a Roma, in questo o quel quartiere, e l’idioma dialettale più comune nei film e nel sentire di ogni spettatore è quello romano. Resistono Milano, Napoli, la Toscana, la Sicilia. Resistono tutte le altre regioni, e resistono i personaggi abruzzesi di Rupe, nome immaginario per non ricalcare pedissequamente il comune di Opi. Resiste l’Abruzzo dei maestri elementari Agnese e Michele, interpretati dai corpi comici spumeggianti e malinconici Albanese e Raffaele, messi per al prima volta insieme dal regista, e resistono le decine di piccoli comuni italiani di ogni latitudine. Per questo Un mondo a parte può essere un film di tutti.
di Francesco Di Brigida