SIC2015 – Bagnoli Jungle
Bagnoli è un quartiere ad ovest di Napoli: si trova sul tratto di golfo compreso tra l’isola di Nisida e Pozzuoli, dove i programmi di industrializzazione dell’inizio del secolo scorso decisero di piantare una gigantesca fabbrica per la produzione dell’acciaio. Bagnoli dismise, quindi, la sua vocazione di quartiere di mare, bagni, villeggiatura e terme per diventare “operaia”. Nel 1992, però, lo stabilimento venne chiuso e anche gli abitanti della zona vennero, per certi versi, dismessi, venduti, rimossi.
Tra le macerie di Bagnoli e dintorni, per ascoltare i tarli, la polvere, le croste gloriose del “Colosseo”, come uno dei personaggi del film, con lo sguardo dello schiavo, chiama i resti dell’altoforno, si svolge Bagnoli Jungle di Antonio Capuano. Qui, come in una giungla, la Storia ha smarrito la sua strada, senza riuscire a trovarne un’altra, come dimostrano le storie di Antonio, Giggino e Marco.
Il primo, pensionato dell’ Italsider e appassionato cantore delle gesta di Maradona, ha nostalgia della fabbrica e del passato. La sua solitudine è alleviata solo dalla presenza della colf ucraina. Giggino è il figlio di Antonio, ha cinquanta anni e dice di lavorare nel ramo “poesia”: in realtà, è un ladruncolo di strada. Ha una moglie e un figlio che non vede mai. Marco è un diciottenne, garzone di salumeria: da piccolo, è stato protagonista nel film La guerra di Mario con Valeria Golino, ma adesso non sa neanche lui cosa vuole. Per fortuna, c’è Sara, che ha un anno meno di lui e frequenta un centro sociale, a prospettargli una possibilità di vita diversa.
Nel film, i tre personaggi – rappresentanti di tre generazioni – si incrociano tra loro e incrociano un universo variopinto fatto di artisti di strada, suore, malavitosi, casalinghe discinte, rapper, ecc Con la libertà espressiva, caratteristica del suo cinema personale e indipendente, mai sceso a patti con mode o tendenze dominanti, Capuano realizza un ennesimo esempio di film surreale e realista, sperimentale e politico.
Verso il finale, ci imbattiamo persino in un lunghissimo corteo per il Primo Maggio, zeppo di giovani che sventolano bandiere rosse: un’immagine controcorrente e carica di energia vitale. Ancora una volta, Capuano non delude e ci regala un’opera radicale, che non occulta la realtà (vd la statua dell’Italia nell’immondizia) ma la reinventa con la potenza dell’immaginazione e dell’arte (vd il balletto improvvisato nella piazza).
di Mariella Cruciani