Piero Natoli autore attore
La scomparsa, a soli 55 anni, di Piero Natoli lascia un grande rimpianto. Di sicuro rimpiangeremo la sua singolare figura di cineasta “irregolare”, così come rimpiangeremo le sue personali doti di simpatia, di generosità, di onestà, la sua aria scanzonata e (apparentemente) disincantata, dietro cui nascondeva una forte carica affettiva. Come regista, Natoli apparteneva a quella fascia di “autori minori”, ma tutt’altro che insignificanti, costretti alla marginalità dalle dure leggi del mercato.
Già con il suo film d’esordio, Armonica a bocca, Natoli rivela quelle che saranno le caratteristiche più evidenti del suo cinema: l’attenzione per alcune tematiche esistenziali legate alla quotidianità, lo spontaneo anticonformismo, l’inclinazione per i sottotoni e per le venature umoristiche, la leggerezza narrativa ed espressiva. Pur non raggiungendo sempre esiti estetici pienamente persuasivi, i suoi film successivi (non molti: Con-fusione; Chi c’è c’è; Gli assassini vanno in coppia; Ladri di cinema) confermano queste qualità, sottolineate, per così dire, dalla presenza costante dello stesso Natoli anche come attore protagonista. Infatti, la sua (non)recitazione, tutta fondata sulla naturalezza, sulla esibita, e autoironica, rappresentazione di se stesso, contribuiva in misura determinante a unificare la persona, l’attore e l’autore; e quindi a conferire ai suoi film quel tratto distintivo che, mentre lasciava il segno di una immediata, individualizzata sincerità, sembrava richiedere allo spettatore uno sguardo speciale, una sorta di complicità.
Questo tipo di recitazione, questa attorialità connaturata, è rintracciabile anche nei film diretti da altri registi (tra cui, per citare alcuni dei titoli più noti, Compagni di scuola di Verdone, Ferie d’agosto di Virzì, L’ultimo bacio di Muccino), per cui, anche se i personaggi erano molto diversi, la loro caratterizzazione risultava sempre simile, e sempre convincente. Non a caso ogni volta rispondevamo allo stesso modo: con un sorriso che attestava il nostro riconoscimento e la nostra partecipazione, non solo e non tanto alle avventure del personaggio interpretato, quanto soprattutto allo stesso interprete, allo stesso Natoli, alla sua non ricercata eccentricità, alla sua ammiccante autenticità.
di Bruno Torri