Pesaro 2003: Il regalo di Natale di Daniele Pietro De Plano

Regalo di Natale

Regalo di NataleDopo una settimana di proiezioni sale sul palcoscenico del PesaroFilmFest, in lizza per la categoria “KortoKodak” con il suo Il regalo di Natale, Daniele Pietro De Plano.
Nato nel 1964 a Viareggio e autore di cortometraggi-documentari-pubblicità, il regista ringrazia l’organizzazione di un festival che seguiva ben prima di intraprendere la professione e la famosa ca-sa promotrice del premio, la Kodak, che gli consegna una simbolica cartolina in cui sono contenuti i metri di pellicola 16mm, necessari per la realizzazione di un mediometraggio: “stando accorti a non sprecarne, altrimenti ne viene fuori anche solo un corto…” precisa al direttore della Mostra, Spagnoletti, che prova a tradurre per il pubblico dei profani la metratura ricevuta. Il corto vincitore del concorso viene così proposto alla platea, prima dell’interessante Lone> star di John Sayles (USA, 1996, 135’), che è premiato da voluminosissimo piatto in ceramica d’arte di que-ste terre. Verte sul rapporto genitori/figli la serata finale della 39esima Mostra del Nuovo Cinema di Pesaro. Il regalo di Natale (Italia, 2002, 15’) è infatti nelle stesse dichiarazioni dell’autore “una sto-ria che fa leva sui sentimenti profondi che legano i genitori ai figli che abbandonano la propria terra in cerca di fortuna”. In termini semplici, è il racconto delle peripezie del videomessaggio di auguri natalizi che l’anziano Natale vuole inviare alla figlia emigrata dalla Sicilia per fare l’attrice in America. Mentre Natale sta lavorando a questa sua idea con la telecamera, questa gli viene però rubata da Salvo che – dopo un po’ di traballante “mal di mare” per le stradine di Mazara del Vallo – la dona al figlioletto di otto anni.
Sarà quest’ultimo, al termine di qualche gioco registico all’interno del proprio nucleo familiare, a re-stituirla al legittimo proprietario. Durante quest’avventura, il camcorder non si spegne mai (a parte in alcune simulate “pause”) e ciò che lo spettatore vede è sempre e soltanto la soggettiva irreale di ciò che la telecamera riprende: sul nastro, è registrato tutto il suo passar di mano.

In termini più complessi, si tratta quindi di un meta-audiovisivo articolato su più livelli di discorso, un audiovisivo che parla di un audiovisivo – cioè di se stesso – di tanti se stessi quanti sono gli occhi e le mani che ne governano il “rec”. Il videomessaggio presumibilmente inviato alla figlia (quello con il voice-off di Natale) fa perno sulla costruita coincidenza di un iniziale videomessaggio rubato (in cui Natale parla in camera sullo sfondo del mare) che, a questo punto, si dipana in distinte distratte au-torialità: l’inesperto ladro con le riprese per la città; il bimbo con le inquadrature al padre furfante, alla nervosa mamma e alla sorella canterina; la telecamera stessa con le immagini della sua restitu-zione girate dal tavolo del vecchio… È una matrioska infinita di videomessaggi in un film ciclicamente insoluto: quando finalmente il parlato cessa di essere acusmatico (di sentirsi senza che se ne veda la provenienza), Natale è in riva al mare e un ladro corre via con la telecamera sottobrac-cio…

Rimane la genuina ilarità di situazioni svelate dal rewind finale (la figlia di Natale nuda sul calendario di un ricettatore). Rimangono 15 minuti spesi bene, per parlare con ironia dell’agire umano (i piccoli più onesti dei grandi…) e, finemente, della macchina del cinema (non si meritano attrezzature senza saperle usare…). Rimane al pubblico un piccolo regalo di ricercata semplicità.


di Redazione
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