Pasolini e l’universo femminile
Pasolini e l'universo femminile.
“Io credo che si possa amare anche in maniera platonica. In fondo, tutta la cultura provenzale si basa su questo: il cavaliere si innamora della dama ma non c’è il contatto fisico. Per la prima volta, la figura femminile diventa centrale, ma al di fuori del sesso”. Così Dacia Maraini, presentando il volume Caro Pier Paolo, ha riassunto la posizione psicologica di Pasolini di fronte all’ universo femminile e ne ha anche illustrato la genesi.
Fino ai quattro anni, il futuro regista-scrittore ha vissuto con il padre, ufficiale di carriera, un rapporto felice, fatto anche di tenerezza. Poi, però, il padre è partito per l’Africa ed è finito in un campo di concentramento. Al ritorno, alla fine del 1945, non era più come prima: era diventato nemico di se stesso e degli altri e ha cominciato a maltrattare la moglie.
A questo punto, il giovane Pasolini assume il ruolo di difensore della madre, si stacca dal padre e il legame con la genitrice diventa viscerale al punto che vivrà sempre con lei (“Sei insostituibile. Per questo è dannata alla solitudine la vita che mi hai dato”). L’idealizzazione della figura femminile rende impossibile far l’amore con una donna perché equivarrebbe ad una sorta di incesto (“Perché l’amore è in te, sei tu, ma tu sei mia madre”).
L’angoscia che nasce dentro la grazia della madre costringe il poeta alla reiterazione di atti omosessuali (“Ho un’infinita fame d’amore, dell’amore di corpi senza anima”) ma non preclude, anzi amplifica, la possibilità di comprendere e – forse – amare le donne. Dacia Maraini è convinta che ciò sia accaduto almeno in due casi: con Silvana Mauri e con Maria Callas.
La Mauri, poi moglie dello scrittore Ottiero Ottieri, era amica del fratello di Pasolini e visse con il poeta un intenso rapporto sentimentale, seppur parziale. Lei ha ventisette anni, lui venticinque, si incontrano a Roma nella primavera del 1947 e insieme fanno stupende passeggiate a Trastevere anche se lei avverte, antagonista, la “fanciullesca freddezza” dell’altro. Il soggiorno romano a due si conclude con la partenza di Pier Paolo. Scriverà lei: “L’ho salutato senza sottintesi, strascichi e sbavature, come una donna saluta un ragazzo che torna al suo paese”.
Tre anni dopo, però, in una lettera lui le confesserà: “Tu sei stata per me la donna che avrei potuto amare, l’unica che mi ha fatto capire che cosa sia la donna e l’unica che, fino ad un certo limite, ho amato. Tu capisci cos’è quel limite ma ora devo dirti che qualche volta, non so né come né quando, l’ho varcato, timidamente, pazzescamente, ma l’ho varcato”.
Di Callas, Maraini ha sottolineato la distanza tra l’immagine pubblica e quella privata: se, sul palcoscenico, l’artista possedeva una presenza fisica fortissima, quasi magnetica, nella vita di tutti i giorni era una bambina fragile, impaurita, molto tenera, impacciata. Durante il viaggio in Africa, nel Natale del 1970, chiese con candore alla Maraini: “Credi che Pier Paolo mi potrebbe sposare?”.
Prima delle riprese di Medea (1969), Callas pensava di doversi confrontare con un intellettuale comunista intransigente, scoprì, invece, un uomo pieno di sensibilità malinconica e, per molti versi, indifeso, proprio come lei. Se a Wally Toscanini, nel 1966, aveva svelato “…il mio fondo è una naturale timidezza e quasi gelosia e paura che mi vedano dentro l’anima che è così sensibile e vulnerabile”, di fronte a Pasolini, la Divina si offre totalmente (“Io oggi ho colto un attimo del tuo fulgore e tu avresti voluto darmelo tutto” – scrive lui).
Dal canto suo, il regista per lei riprende a dipingere, accetta di fare una crociera con il panfilo di Onassis, le dedica le poesie di Trasumanare e organizzar ma – come ha sintetizzato Enzo Siciliano – “alla consueta, antica, donnesca richiesta che l’uomo sia padre” non poteva dare risposta. Resta un’intesa fuori dal comune (“Noi siamo molto legati spiritualmente, come raramente è concesso di esserlo”) e, a conti fatti, un’ennesima sconfitta per lei che, seppur consapevole del “limite”, era convinta di poterlo superare. Ovviamente, si sbagliava.
di Mariella Cruciani