Nuova Storia del Cinema
Marco Contino recensisce Nuova Storia del Cinema, il libro curato da Beatrice Fiorentino.

“Nuova storia del cinema. Dalle origini al futuro”. È il titolo del volume curato da Beatrice Fiorentino, uscito in libreria dal 13 ottobre scorso. Critico cinematografico, saggista, giornalista e, dal 2020, Delegata Generale della Settimana Internazionale della Critica, Beatrice Fiorentino – oltre a firmare molti dei contributi del libro – ha coordinato, con il fondamentale apporto di Chiara Barbo, un gruppo di collaboratori-critici (formatisi più nelle sale cinematografiche che nelle biblioteche) per realizzare un testo che si propone di gettare uno sguardo inedito sul percorso di un’arte bollata come “un’invenzione senza futuro”, eppure ancora viva ed, anzi, capace di superare tempestosi momenti di crisi, ieri come oggi.
È la stessa curatrice, nell’introduzione del volume (413 pagine, Hoepli Editore) a interrogarsi se una storia del cinema possa effettivamente definirsi “nuova”. La risposta si trova all’interno di un libro che, già nella sua estetica – pop e divulgativa, movimentata da box e appendici – non è solo uno strumento per addetti ai lavori, ma è pensato per un pubblico più vasto.
“Dagli studenti ai cinefili, comprendendo anche i semplici curiosi e gli appassionati”: così scrive Alberto Barbera che firma la prefazione del volume e che, a proposito di quell’aggettivo del titolo che potrebbe suonare quasi presuntuoso (nuova), illumina il senso dell’operazione. Si tratta di un testo collettivo che, scomponendo e ricomponendo la griglia interpretativa applicata dalla sua curatrice, scova, appunto, margini di novità, dettati non solo dalle innovazioni tecnologiche, ma anche dal cambiamento delle gerarchie dei valori che non sono immutabili, pur “portando doveroso rispetto per gli intoccabili Maestri”, come scrive la stessa Fiorentino. Senza, tuttavia, farsi intrappolare da dogmi precostituiti o timori reverenziali.
Ma non solo. “Nuova storia del cinema” non poteva che abbracciare il concetto di “Extended Book”: il testo, infatti, è corredato di contenuti aggiuntivi disponibili online che lo trasformano in un punto di partenza anziché di atterraggio, grazie a video, immagini, podcast e interviste che ne fanno uno strumento “vivo”, in continuo movimento come l’oggetto che si propone di indagare. L’analisi si sviluppa attraverso 9 capitoli – dalla nascita del linguaggio cinematografico al nuovo millennio – attraverso una pluralità di voci che provano, senza impossibili ambizioni di esaustività, a definire una rotta, con qualche sorprendente “riabilitazione” storica che rende onore a un certo cinema, spesso frettolosamente liquidato come “minore”. Dopo il capitolo dedicato alle origini, il libro prende in esame la grande stagione del cinema muto e gli anni d’oro di Hollywood per poi soffermarsi sulla prima, grande rivoluzione con il neorealismo italiano.
È solo l’inizio di un viaggio in un mare che affronta periodi di bonaccia ma, soprattutto, sussulta grazie alle “nuove onde”. Dalla Nouvelle Vague fino alla stagione della New Hollywood, prima di entrare nell’era del postmoderno. Qui la riflessione si fa propulsiva, inedita, particolarmente efficace nel diradare le nebbie in cui, ingiustamente, è stato spesso relegato il cinema anni ’80 e ’90. Non a caso, il capitolo dedicato a questo periodo, si intitola “Die hard”, duro a morire. Perché il cinema – dato per moribondo o, addirittura morto, così tante volte – è sempre riuscito non solo a resistere ma, addirittura, a trasformare i pericoli che lo hanno minacciato in altrettanti “eventi risorgimentali”.
Sembrava tutto finito già con l’avvento del sonoro e, poi, molti anni dopo, con l’invasione del mezzo televisivo. Eppure, il racconto cinematografico sopravvive e, anzi, trova nuova linfa, sbarcando, infine, nel nuovo millennio. Qui la sfida si fa ancora più ardua: nell’ultimo capitolo (Future Reloaded), il libro racconta di un cinema che si trova a fare i conti con traumi collettivi (l’11 settembre), scandali (l’affare “Weinstein” con la nascita del movimento “Me Too” e, in generale, istanze, anche sin troppo radicali, di inclusività) e rivoluzioni tecnologiche (da ultimo le piattaforme streaming). Persino una impensabile pandemia (che proprio il cinema aveva già previsto così tante volte sullo schermo) e fronti di guerra (di una attualità spaventosa proprio in questi giorni di recrudescenza del conflitto arabo-israeliano).
di Marco Contino