Incontro con Marco Bellocchio
A Bobbio, cittadina della Val Trebbia, luogo cinematografico e dell’anima, tra passato e presente, prende vita Sangue del mio sangue di Marco Bellocchio, in concorso alla 72° Mostra di Venezia. Il film, ambientato inizialmente nel Seicento, ha come protagonista Federico Mai (Pier Giorgio Bellocchio), un giovane uomo d’armi, sedotto da suor Benedetta (Lidiya Liberman) che verrà condannata ad essere murata viva nella prigione. Secoli dopo, nello stesso luogo, tornerà un altro Federico, sedicente ispettore ministeriale che scoprirà che l’edificio è ancora abitato da un misterioso Conte ( Roberto Herlitzka), che vive solo di notte.
Come nasce Sangue del mio sangue?
La nascita di questo film è all’interno di quei corsi che facciamo, ormai da venti anni, a Bobbio: ogni anno realizziamo un corto e siamo sempre alla ricerca di ambienti nuovi. Sei anni fa, mi venne l’idea di ambientare nelle prigioni, che in un remotissimo passato facevano parte del convento di S. Colombano, un episodio ispirato alla fine della vita della Monaca di Monza. Poi, anni dopo, ho cercato di raccontare il perché e come questa suora fosse finita lì. Successivamente, ho sentito l’esigenza di arrivare al presente: volevo raccontare il vampirismo ambientale e paesano, in un apologo dell’Italia di oggi.
Come sono collegati, nel film, passato e presente?
Non mi sono preoccupato dell’architettura drammaturgica ed ho agito con grande libertà. Mi interessava, soprattutto, mostrare come la corruzione succhi il sangue ad una prospettiva di trasformazione e cambiamento.
Il Seicento era dominato dalla Chiesa: ciò che non ha potuto “uccidere” la Chiesa, viene oggi distrutto dal consumismo?
Benedetta, uscendo bella ed intatta dalla prigione, è l’immagine di una libertà che non vuole arrendersi, in un mondo che adesso sta cambiando ma che, prima, era molto chiuso. Lei è la risposta ai due vampiri , uno interpretato da mio fratello Alberto – sangue del mio sangue – e l’altro da Herlitzka.
La bellezza, come elemento dirompente, è centrale nel film…
Benedetta è un personaggio misterioso e si accanisce a non rispondere. Riceve una delusione, come l’aveva ricevuta dal gemello. E’ una forza simbolica che resiste nel tempo, non per vendicarsi ma per difendere la propria libertà e il desiderio di essere se stessa.
Cosa pensa del presente?
C’è in atto una vera e propria trasformazione antropologica basata sul parlarsi attraverso gli oggetti e il dirsi tutto: fatto, questo, che sta cambiando, senz’altro, la mentalità dei giovani. La realtà di oggi, segnata dalla modernità e dalla globalizzazione, sta cancellando qualsiasi forma di solidarietà umana.
Nel film, c’è il duetto Herlitzka- Bertorelli..
In origine, la scena era più lunga: al montaggio, abbiamo fatto qualche taglio. Mi piace il tono discreto di questa scena: vengono dette cose vere relative al paese e si capisce come la modernità sia la sua fine!Il mondo rurale era chiuso ma anche solidale, un’autentica comunità. Oggi si reclamano a gran voce i diritti, l’uguaglianza ma, dietro queste parole, vedo tanta ipocrisia.
Lei si sente più vampiro o dentista?
Mi ritrovo in tutti e due i personaggi. L’episodio al presente è un riconoscere che il dominio vampiresco è finito: Herlitzka dice “Non siamo eterni!”. Il colpo finale viene dato dall’incontro con mia figlia Elena che gli fa capire che la sua vita è conclusa. Siccome vorrei andare avanti ancora un po’, amo il personaggio ma me ne separo, non mi identifico con lui!
Nella scena finale, arrivano i finanzieri..
Arrivano e stanno fermi: nessuno si muove. E’ solo una possibilità! C’è il riferimento a Gogol : è arrivato l’Ispettore Generale. Io non credo alla finanza ma abbiamo anche bisogno, infantilmente, di essere rassicurati.
Come ha lavorato alla colonna sonora del film?
La mia cultura musicale è legata alla musica della Chiesa e operistica, così mi faccio aiutare ma credo di saper riconoscere quando una musica è giusta, o meno, per la scena. In generale, poi, il lavoro sulla musica non è mai programmabile…
Quando uscirà il suo prossimo film, tratto dal romanzo di Gramellini Fai bei sogni?
Probabilmente, la prossima primavera: il fatto che i due film siano nati in tempi così vicini è una casualità da non ripetere perché girare è un’impresa faticosa, anche fisicamente!
di Mariella Cruciani