Incontro con David Cronenberg
Nei suoi film, è ricorrente il tema della mutazione…
Noi uomini siamo gli unici animali che si immaginano di essere altro da quello che sono: c’è, in ogni essere umano, un desiderio di trasformazione, di trascendenza. Questo mi interessa! Non lo faccio in maniera deliberata ma è vero che è un tema ricorrente nei miei film..
Pian piano, nel suo cinema si è affermato il tema dell’invisibile…
Non sono mai riuscito a catturare un’immagine dell’invisibile! Se per invisibile si intende ciò che è astratto, intellettuale, in fondo, non me ne occupo più di tanto. La forza di un film è nelle equivalenze visive: io, forse, parto dal corpo umano per esprimere altro, ma non ci ho mai pensato troppo.
A proposito di corpo, come avviene il lavoro con gli attori?
Ho lavorato con molti attori straordinari, ognuno ha la propria metodologia, io devo solo far sì che tutti si sentano legati allo stesso film. Io non impongo mai niente: devo capire di cosa hanno bisogno per dare il meglio. Un attore è un corpo: io, tra l’altro, sono stato attore e so che è un’esperienza particolare. Effettivamente, sei un corpo: è per questo che gli attori si preoccupano dei capelli o delle scarpe. Non è una trasformazione magica, è un mestiere: ogni attore sa cosa fare, io devo solo aiutarlo a farlo nel miglior modo possibile.
Il suo film “La mosca” è diventato un’opera lirica…
A me allettava l’idea di fare qualcosa di completamente nuovo: mi affascinava lavorare su un palcoscenico. E’ stata un’esperienza appassionante! Il lavoro è stato fatto in tre: dal compositore che, in fondo, è il primo regista, dal librettista, poi da me. E’ stata una collaborazione molto diversa rispetto alle mie esperienze passate! Poi c’è Placido Domingo, protagonista e direttore d’orchestra: è lui che comanda sugli strumenti dell’orchestra e sui cantanti. Tutto l’opposto di un film, in cui sono solo io a decidere. E’ stata un’esperienza significativa, ben diversa rispetto al cinema.
In generale, quanto contano la musica e gli effetti sonori in un film?
Molti anni fa, a Montreal, Bertolucci parlava di “Il conformista”: diceva che, fino ad allora, aveva pensato che girare fosse la cosa più importante, poi, aveva capito, grazie ad un montatore, che la post-produzione è fondamentale. Naturalmente, in post-produzione, si può cambiare tutto. Per quanto mi riguarda, la tridimensionalità viene dalla colonna sonora, altrimenti il film è piatto. Il primo film che ho fatto era intitolato “Stereo”, non c’era colonna sonora, era un film bi-dimensionale: vedere un film così disturba, sconvolge e ti fa capire quanto è importante il sonoro.
Considera i suo film popolari o elitari?
E’ ancora una volta una cosa sulla quale difficilmente posso esprimermi! Alcuni film sono impregnati di cultura pop e invecchiano rapidamente, altri hanno una valenza più universale ma, forse, sono meno d’impatto. I miei film, gradualmente, ricevono consensi ma sono lontano dal successo di film come “Il Signore degli anelli”. Del resto, il cinema, all’inizio, era destinato alle commesse, alle cameriere, non alle persone “serie”: solo in Francia si è cominciato a pensare che il cinema fosse un’arte, gli americani non lo prendevano sul serio. Sono poche le arti che non nascono da una spinta popolare: c’è una straordinaria energia in questo ed è pericoloso, per un regista, ignorarla del tutto. Per quanto mi riguarda, però, sono guidato solo dal mio istinto.
Ha detto di sentirsi più legato alla letteratura che alla pittura, sta pubblicando un romanzo…
In verità, ho scritto solo sessanta pagine! Mio padre era uno scrittore, pensavo che anch’io sarei stato scrittore, invece, eccomi qui… Il libro ancora lo devo scrivere: dopo anni, ho deciso di provare, ho trovato un editore e il contratto prevede versioni in tante lingue ma non so ancora bene che romanzo sarà. Certamente non sarà un romanzo alla Stephen King
Quali sono i suoi scrittori preferiti?
In questo periodo, sto leggendo la letteratura russa: Tolstoj, Dostojevski, Nabokov. Ho gusti eclettici, adoro la forma del romanzo
di Mariella Cruciani