Il territorio privilegiato della creazione

Bellocchio

BellocchioIn una conferenza stampa tenuta il 26 aprile a Salerno, il regista iraniano Abbas Kiarostami ha dichiarato di non apprezzare La stanza del figlio di Nanni Moretti, di cui pure è amico, definendolo troppo “americano” nel trattamento dei sentimenti.
Condivisibile o meno, si tratta di un giudizio autorevole e prima ancora un giudizio. Ma per quanto tempo ancora anche una voce autorevole come quella di Kiarostami potrà esprimere un’opinione così fuori dal coro, ossia di coloro che detengono un qualche potere mediatico?

Il giorno dopo ecco la rettifica che tranquillizza ormai folte schiere di morettiani convinti che il verbo non si discute, si difende.
E l’iraniano a sua volta ribadisce l’ammirazione per l’italiano, allontanando ogni possibile dubbio. Se Moretti è dunque amico del cinema iraniano, Kiarostami allora resta pur sempre un morettiano!?

KiarostamiNello stesso giorno un quotidiano di sinistra pubblica una ispirata ancorchè perentoria difesa per il film di Marco Bellocchio L’ora di religione al cui notevole valore artistico corrisponde uno scarso risultato al botteghino. Forte del fatto di non essere né Spielberg né Muccino, ma semplicemente sé stesso, egli tuttavia è colpevole di non aprire un varco in seno alle grandi masse silenziose.

Esiste forse ancora un territorio privilegiato della creazione dove vi sia separazione tra valore artistico intrinseco e mercato? Si interroga il critico con una certa dose di allarmismo, finendo per dubitare, forse, del destino della stessa critica. Ma i due esempi, uguali e diversi, si inscrivono in una sola prospettiva di pensiero critico che sappia non solo difendere l’autonomia di un’opera da un mercato sempre più pervasivo, ma anche l’autonomia di giudizio dalla cosiddetta critica mediatica, ossia il lato “culto” della stupidità.


di Maurizio Fantoni Minnella
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