France Cinéma compie vent’anni – bilancio
Si può celebrare le nozze con i rituali “fichi secchi”? A Firenze ci abbiamo provato, non senza successo, dicono.France Cinéma (1-6 novembre 2005) ha “festeggiato” il suo XX compleanno con un budget ridotto al minimo storico. Sono lontani gli anni in cui alle Tavole Rotonde del sabato mattina nella ispirante Biblioteca dell’Istituto Francese potevamo invitare cinquanta giornalisti e venti registi dei due paesi (è accaduto nel 1995 con le coproduzioni, in quell’occasione Antenne 2 aveva riservato all’avvenimento ben tre minuti sul telegiornale delle 20.00!)
Quest’anno con un budget ridotto del 30% abbiamo dovuto ridurre del 60% il numero dei giornalisti e degli invitati francesi e italiani. Ma anche in queste condizioni siamo riusciti – dicono i giornali – a difendere la tradizione di qualità che ci caratterizza.
Seguita da un pubblico numeroso, la Tavola rotonda su Rohmer (vi torneremo in seguito) è stata un autentico successo (lo stesso si può dire degli incontri con Cavalier, Lelouch-Lioret-Carrère). Impressionata dalla qualità delle relazioni e degli interventi, Françoise Etchégaray (l’assistente-produttrice di Rohmer) ci ha fatto i più sinceri complimenti, lo stesso Eric Rohmer ci ha tenuto a felicitarci al telefono (lui che non telefona mai).
Il catalogo, ricco di inediti su e di Rohmer, è stato preso letteralmente d’assalto: in una decina di giorni sono andate via un migliaio di copie in dieci giorni, nove decimi della tiratura. “Bellissimo” (Il sole 24 ore, La stampa), “poderoso” (Il Manifesto), “magnifico” (Il Mattino) lo ha qualificato la stampa. “Con le sue retrospettive e i suoi formidabili cataloghi, France Cinéma continua ad aprirci nuove prospettive culturali” scrive sull’inserto del Corriere della sera Tullio Kezich, il massimo critico italiano, “il piccolo festival fiorentino conta più dei festivaloni”.
Impossibilitato a intervenire a Firenze, il regista Pascal Thomas si è inventato un modo tutto suo per rendere omaggio al festival fiorentino, “uno dei più seri e simpatici d’Europa”. A ridosso del festival, Thomas è venuto a girare nella nostra sala del Gambrinus una scena del suo prossimo film (Le grand appartement) ambientato proprio a France Cinéma: nella finzione il direttore Aldo Tassone presenta al pubblico uno dei protagonisti del film, un critico francese ospite proprio di France Cinéma «Volevo rendere omaggio al vostro bellissimo lavoro di artigiani che non seguono mode» ha spiegato Pascal Thomas. Da quello stesso microfono due giorni dopo sarà presentata al pubblico fiorentino l’ultima applaudita commedia del regista francese, Mon petit doigt m’a dit; dove finisce il teatro e comincia la vita?
Dieci i film in concorso, rappresentanti ognuno un genere diverso. Dopo essersi complimentato con “l’eccellente livello medio della selezione”, Marco Bellocchio presidente della giuria ha premiato L’équipier di Philippe Lioret (“per l’originalità dell’ambientazione, l’approfondimento dei rapporti tra i personaggi e la solidità della struttura drammaturgica classica”); al film di Lioret è andato anche il premio della giuria giovanile. “Siamo fieri di aver rivelato agli italiani una personalità ingiustamente ignorata dal nostro pubblico” ha detto il direttore. Altri premi sono andati agli ultimi film di Jacques Audiard (De battre mon cœur s’est arrêté, “per l’intensa rappresentazione del conflitto di un giovane diviso fra due passioni in cui rischia di autodistruggersi”), Raphaël Nadjari (Avanim, “per la forza della rappresentazione di una tragedia personale sullo sfondo di una tragedia collettiva in cui la protagonista fa una scelta coraggiosa contro il fanatismo religioso”), Emmanuel Carrère (La moustache), Pierre Jolivet (Zim & co). Ad Alain Cavalier, tre volte premiato a Firenze in passato, è andato il premio alla carriera e il premio del ventennale di France Cinéma.
La retrospettiva Eric Rohmer
France Cinéma 2005 ha festeggiato gli 85 anni di Eric Rohmer con una retrospettiva completa dei suoi 24 film. Impossibilitato a venire a Firenze, Eric Rohmer (sta preparando il suo 25esimo film, una favola pastorale ambientata nella Gallia preromana, tema la fedeltà in amore e la ricerca dell’assoluto) si è fatto rappresentare da alcune delle sue più affezionate collaboratrici: le attrici Marie Rivière (Il raggio verde), Florence Darel (Racconto di primavera), l’assistente e produttrice tuttofare Françoise Etchégaray.
Alla tavola rotonda che si è tenuta a Firenze il 5 novembre (tra i presenti, i registi Claude Lelouch, Emmanuel Carrère, Marco Bellocchio, Mario Brenta, e alcuni studiosi dei due paesi cugini) sono emersi alcuni aspetti meno noti dell’autore della Marchesa von O. Il suo sottile senso dell’umorismo: autentico commediografo, Eric “è molto felice quando gli spettatori ridono ai suoi film”, ricordava Françoise Etchégaray. L’estrema semplicità e modestia: l’artigiano Eric gira con un’équipe ridotta a tre sole persone, batte personalmente i ciak, e la sera lavora in cucina con le sue interpreti a preparare la cena; “durante le riprese di La collezionista per ben due mesi l’equipe si è dovuta accontentare della stessa minestra di verdure! ” Diffida della moda (“Niente passa di moda come la moda”) e della politica: “Sono un conservatore, cioè un moderato, e non ho mai cambiato idea, sono piuttosto la destra e la sinistra ad essere cambiate”, confessa in una delle interviste inedite raccolte da Aldo Tassone nel catalogo. “La politica non mi interessa: come cittadino voto, come artista lavoro; l’artista è un servitore della bellezza, la mia passione è lo studio del cuore umano.”
Protagonisti dei suoi film, i giovani, le ragazze in particolare. “Eric ha un modo tutto suo di scegliere le interpreti femminili”, precisava Florence Darel: “ci convoca nel suo ufficio, si parla di tutto; ha una curiosità, una disponibilità, una modestia straordinarie; hai l’impressione che ti legga dentro”. In un’intervista inedita pubblicata nel catalogo, il malizioso Claude Chabrol commentava: “ Drôle de libertin, mon ami Eric! Per conoscere la psicologia femminile e il cuore umano, il buon Eric ha un modo davvero originale, si limita (all’inglese) a ricevere delle fanciulle nel suo studio, e a far conversazione… bevendo del tè! Beato lui!” (Forse in Eric, accanto al monaco, c’è un libertino, un libertino nell’immaginazione, come direbbe Buñuel, suggeriva scherzosamente Aldo Tassone).
“Il cinema che fa Rohmer è molto diverso dal mio” osservava Claude Lelouch, “ma ammiro il modo in cui riesce ad ottenere il meglio dalle sue interpreti: avete notato come le ragazze che incontrate per strade assomigliano alle eroine rohmeriane?”.
Si è spesso accusato Rohmer di abusare della parola; in effetti nei suoi film i personaggi parlano in continuazione ma non parlano a vanvera come certi personaggi di Godard, spiegava Claude Chabrol, “parlano perché sono esseri pensanti”; Chabrol ha ragione. Mario Brenta ha proposto una sua formula assai intrigante: “E’ vero che i personaggi rohmeriani parlano in continuazione, ma alla fine del film si ha come l’impressione di non aver sentito nulla, in altri termini la parola si è trasformata totalmente in immagine.”
di Aldo Tassone