Ennio Flaiano: il suggeritore infelice

Fellini 8 e mezzo

Fellini 8 e mezzoDi Ennio Flaiano, scrittore e uomo di cultura, sono principalmente noti i corsivi, le citazioni, gli epigrammi, gli aforismi, i racconti, le commedie, i romanzi, ed è, invece, quasi sempre dimenticato il suo lavoro per il cinema.
In realtà, i film da lui scritti come sceneggiatore costituiscono una produzione ricchissima (circa una sessantina di titoli) e, soprattutto, segnata da una precisa e personale cifra d’autore.
Già a partire dalle prime pellicole realizzate con Luciano Emmer (Parigi è sempre Parigi, 1951- Camilla, 1954), è possibile cogliere, al di là degli episodi e degli sketch, la critica amara alla meschinità e all’ipocrisia del mondo borghese.

La Romana (1954) di Luigi Zampa, sceneggiato da Flaiano insieme a Moravia e Bassani, rappresenta un ulteriore passo in avanti nella difficile arte di delineare caratteri veri e di volgere in immagini l’analisi psicologica.
A parte il personaggio eccessivo di Sonzogno, il film funziona perfettamente e la voce fuori campo della protagonista, impersonata da Gina Lollobrigida, che commenta e sottolinea l’azione, riesce a trasporre sullo schermo quella “autocoscienza vigilante”, che è una delle caratteristiche principali del racconto omonimo di Moravia.
Di Il bidone (1955) di Federico Fellini, sceneggiato ancora una volta da Flaiano con Tullio Pinelli e Fellini stesso, Truffaut ha scritto: Qui i difetti di Fellini (…) passano del tutto in secondo piano, molto lontani nella profondità di campo, mascherati e forse anche diluiti dal volto sublime e dalla statura grandiosa di Broderick Crawford. In effetti, il finale, in cui Augusto, il protagonista, viene malmenato a sangue dai suoi compari, cerca inutilmente aiuto e muore, solo, in fondo ad una scarpata, coniuga sapientemente crudele realismo e riflessioni metafisiche.

Con La notte (1961) di Michelangelo AntonioniOtto e mezzo (1963) di Federico Fellini, l’attenzione di Flaiano torna, nuovamente, a posarsi su personaggi borghesi in crisi. Tali sono, infatti, lo scrittore Giovanni Pontano (Marcello Mastroianni) di Antonioni e il regista Guido Anselmi (Marcello Mastroianni) di Fellini.. Se, nel primo caso, il tema dell’incomunicabilità e dell’impotenza ad agire non lascia via di scampo, nel secondo sembra affermarsi l’accettazione, cosciente e lucida, di sé stessi e della realtà, senza più la proiezione catastrofica di ideali irraggiungibili.
Ciò nonostante, in Otto e mezzo, il cardinale decrepito, interrogato dal protagonista, risponde: “Chi ha detto che si viene al mondo per essere felici?”. E proprio questo, appare oggi, riguardando i film ai quali ha collaborato, il punto di vista di Flaiano sull’esistenza.

Non a caso, in un Convegno a lui dedicato, organizzato dall’associazione Made in Italy e svoltosi a Viterbo il novembre scorso, Morando Morandini ha concluso il suo intervento definendo l’intellettuale abruzzese “il suggeritore infelice”.


di Mariella Cruciani
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