Atom Egoyan, il cuore armeno del cinema canadese

Pubblichiamo la prima parte del saggio su Atom Egoyan e il cinema canadese, pubblicato su CineCritica (versione cartacea), n.42-43, aprile-settembre 2006.
“L’idea di nazione è qualcosa che mi affascina. Se si pensa che una nazione è l’espressione di una proiezione collettiva, allora è chiaro che l’idea di territorio nazionale è prima un concetto psicologico che una definizione fondata sulle frontiere fisiche”.
Questa dichiarazione è di Atom Egoyan ed è tratta dal numero 406 (1994) della rivista francese Positif.
Si tratta di un’affermazione emblematica che permette di mettere a fuoco gran parte di quel particolare retroterra culturale, umano e psicologico che sta alla base della poetica e dello stile filmico di Egoyan.
Nel caso specifico, il “concetto psicologico di nazione” è strettamente connesso all’universo interiore del regista ed ha a che vedere con la concezione personale di identità. Patria intesa come concetto mentale, come “posto” privo di confini riconoscibili, come territorio dove tutto si incontra, dove la compenetrazione è la regola e la separazione l’eccezione.
In tal senso, appare evidente come Egoyan interpreti la sostanza stessa del carattere nazionale canadese, che evidentemente si è determinato a livello collettivo, ma anche per ciò che concerne le singole psicologie, grazie a una condizione sociale in cui le influenze multietniche hanno svolto un ruolo di fondamentale importanza, diventando il collante ideale per realizzare nella libertà di espressione un sistema di vita in cui tutti abbiamo identici diritti e doveri.
L’autore di Exotica è, dunque, uno dei personaggi-simbolo del movimento artistico canadese contemporaneo. La sua identità è multiforme, stratificata, complessa; proprio per questo la sua cifra poetica si colloca su coordinate che possono essere definite tipicamente canadesi.
La storia di Egoyan è esemplare. La sua famiglia è armena; è una sorta di nucleo etnico che, in modo molto morbido e senza particolari attenzioni alle tradizioni, agli usi e ai costumi, ha conservato la sua specificità culturale nell’ambito di una diaspora molto dolorosa, determinata dal genocidio che il popolo armeno dovette subire per opera dei turchi nei primi due decenni del Novecento.
Atom è nato a Il Cairo (Egitto), ma poi si è trasferito insieme ai genitori in Canada (nella città di Victoria). Pur essendo cresciuto nel ricordo delle proprie origini, il regista ha sentito l’esigenza di “coltivare la memoria” in una fase ormai adulta, quando da tempo la sua famiglia era arrivata nel continente americano. Questo processo di attualizzazione del passato subisce un’accelerazione, forse non del tutto prevedibile, nel momento in cui, durante la ricerca di una attrice, in grado di recitare in armeno, Egoyan incontra quella che diventerà successivamente sua musa visuale e compagna: Arsinée Khanjian.
E’ dalla sua futura moglie, cresciuta più di lui nel rispetto delle tradizioni e soprattutto nell’uso corretto e costante della lingua armena, che Egoyan percepisce con precisione il senso del suo sentirsi armeno in terra canadese e la convinzione di dover esprimere questa condizione (ritrovata) nell’ambito di una cinematografia fortemente intellettualizzata, quasi astratta, ma anche legata in maniera indissolubile e potente al patrimonio culturale di cui è rappresentante.
Una personalità complessa e ricca di tensioni come quella di Egoyan non poteva che trovare il luogo ideale per esprimersi in Canada, paese che, oltretutto, gode di un’organizzazione produttiva e promozionale cinematografica sempre molto sensibile alle varie componenti linguistiche e etniche e concentrata sul concetto di valorizzazione delle diversità.
Le istituzioni preposte al sostegno del cinema canadese sono numerose e tutte rilevanti nel quadro produttivo e distributivo. Si va dall’ONF (Office National du film), fondato a Ottawa addirittura nel 1939 a TELEFILM CANADA, “pour le developpement de l’industrie audiovisuelle canadienne”, alla SODEC, Societé de devoleppement des entreprises culturelles (Quebec), all’OMDC, Ontario Media Develepment Corporation.
Una rete molto diffusa e capillare di enti, dunque, si occupa stabilmente della diffusione della cinematografia canadese, anche se sarebbe più appropriato parlare di “cinematografie canadesi”.
Ad esempio, appare necessario pensare alle opere realizzate nel Quebec francofono come a dei lavori prodotti in una sorta di “area nazionale autonoma”, caratterizzata da una propria identità e portatrice di forme comunicative che evidentemente fanno riferimento a una cultura diversa rispetto a quella generata dalla porzione di società canadese anglofona. Nonostante questa (s)composizione linguistico/culturale, il dato che è possibile riscontrare quando si confrontano le filmografie dei tre maggiori registi canadesi in attività (a parte François Girare) è che hanno almeno due elementi in comune. Ma quali sono questi cineasti? Oltre, al già citato Atom Egoyan (che abbiamo già ricordato essere di origine armena), dobbiamo inserire in questo trio anche David Cronenberg, la cui ebraicità non è palesemente esibita ma è rintracciabile in alcuni sottotesti dei suoi film e nella struttura stessa del suo pensiero (e ciò rappresenta certamente uno straordinario valore aggiunto al suo cinema), e Denis Arcand, esponente della parte francofona che apparentemente si distacca molto dai due registi appena citati. Ma così non è. Ritornando alle componenti che condividono questi autori, è opportuno ora decifrarle con precisione.
La prima è di carattere prettamente estetico-stilistico: la freddezza nella costruzione delle inquadrature e delle sequenze. Tale freddezza visiva trasmigra poi, ovviamente, in ambito narrativo (in una sorta di sistema di vasi comunicanti della narrazione visuale), attraverso l’elaborazione di vicende che si sviluppano prima che sul piano delle azioni e degli accadimenti su quello del percorso mentale dei protagonisti. Non tragga in inganno, in tal senso, la verbosità “para rohmeriana” e francofila dei film di Denis Arcand, il quale a un’analisi oggettiva risulta regista non meno algido e “distaccato” dei suoi due colleghi.
La seconda componente è invece da ricondurre al tema dell’identità. Nei lungometraggi di Egoyan, Cronenberg e Arcand, anche se attraverso meccanismi diversi, i personaggi centrali sembrano voler identificare e/o ribadire la loro personalità con la formazione di un’identità che non riguarda solo le coscienze individuali.
di Maurizio G. De Bonis