Analisi e tendenze del trailer cinematografico
Racchiuso in macrosequenze televisive, radiofoniche o cinematografiche, oppure pianificato singolarmente, come uno spot pubblicitario, il trailer ricopre un’importanza indubbiamente rilevante per la promozione del film.
Risulta piuttosto difficile valutare quanto un trailer influenzi la comprensione e la scelta di un film per uno spettatore. Le poche ricerche fatte in merito, non hanno portato nessun risultato scientifico a supporto delle scelte delle case di distribuzione. Equilibrata alchimia di linguaggi, suoni, intertitoli, diciture scritte, il trailer si adatta ai generi cinematografici, e ai tempi che lo percorrono.
Dall’enfasi passionale della voce off degli anni ’40 e ’50, che coniugava il racconto di azioni e passioni vissute dai personaggi del film, al coinvolgimento dello spettatore, si passa, negli anni ’70, ad una maggiore attenzione nei confronti di uno spettatore più esigente. Sono questi gli anni della rivendicazione autoriale del nuovo cinema. L’acquisizione di nuove e più specifiche competenze, da parte del pubblico, permette sperimentazioni estetiche da parte degli stessi registi.
Il trailer inizia ad essere commissionato a studi pubblicitari, che lavorano sulla riconoscibilità e il posizionamento del prodotto filmico. Considerato il regista-autore come un brand, con una propria individualità, differenziabile dalle altre, il trailer agisce proprio come uno spot pubblicitario, cercando di adeguarsi agli schemi e al linguaggio di cui esso vive. Hitchcock, Fellini, Kubrick, Polanski girano trailer non incentrati sulle sequenze del film, ma su ciò che di simbolico offre la storia narrata o la scenografia. Inizia così una fase di promozione “autodiretta”, che usa fotogrammi fissi, come nel caso de La dolce vita di Fellini, o manipolazioni di scene del film.
L’universo mediatico è in continua espansione e metamorfosi. Dal ritorno postmodernista della citazione, come accade nei film di Lucas e Spielberg, in cui torna a prevalere la forma canonica della voce off, ai polimorfismi di durate e collocazioni, (dall’estremo delle schegge televisive, ai promo, attenti alle strutture e ai palinsesti), il trailer riesce a sopravvivere al caos mediatico degli anni ’90.
Non riuscirà a scomparire nella grande varietà di forme brevi audiovisive e digitali, promozionali e non, diffuse e fruite nei media. Al di là di ogni aspettativa, il trailer, è riuscito a mantenere una propria specificità narrativa e cinematografica, grazie alla sua potenziale flessibilità.
Il trailer ha un approccio simile, sotto alcuni aspetti, al discorso della critica cinematografica, soprattutto quella che convive con le dinamiche produttive della costruzione mediatica dell’evento. Proprio come la critica, il trailer, sceglie solo alcune scene chiave, simboliche, che racchiudono in un plot, il senso del film intero, non limitandone l’apertura ad interpretazioni più lontane dal senso originario. Cambia l’estensione, da pochi secondi a poco più di un minuto, mentre per Internet, dove le spese sono minime, possono durare anche il doppio.
Cambiano i soggetti: per Ricordati di me, di Gabriele Muccino ne sono stati pianificati ben quattro. La varietà dei soggetti indubbiamente arricchisce le informazioni che si danno allo spettatore, rendendone più consapevole la scelta. I trailer sono costruiti come discorsi persuasivi che creano delle aspettative: attraverso un mood di curiosità e di attesa comunicano una sorta di irripetibilità dell’evento.
Le nuove tendenze del trailer making tendono a seguire i gusti del pubblico, divenendo spie di un’immagine dello spettatore presente nel mondo produttivo; ciò avviene, ad esempio, sviluppando solo quegli elementi che si pensa possano essere più graditi al pubblico. Da tali scelte dipende la posizione che il film assumerà nella scatola nera del consumatore-spettatore. L’avanguardismo del trailer dei giorni nostri, che vede talvolta un’estensione smisurata dei formati (15 minuti), come i trailer cinematografici di Matrix Reloaded o dell’ultimo film di Nanni Moretti, una sorta di film del film, spiega forse l’importanza che si dà a tale strumento. E’ indubbio che si tratti di una scelta coraggiosa, infatti, il trailer così modulato rischia di stancare e di conseguenza predisporre negativamente il potenziale spettatore alla visione del film, ma d’altro canto il trailer deve cercare di colpire, provocare lo spettatore a livello cognitivo e passionale, differenziandosi dagli altri.
di Lea Tresca