57° Taormina Film Festival – Chiusura
Vi avevamo lasciati in attesa dell’incontro con Oliver Stone, che a dir la verità ha un po’ deluso la platea dimostrandosi particolarmente riservato. Ma la vera rivelazione della terza giornata del festival è stata la master class con Matthew Modine, la quarta considerando anche quella abbastanza piatta con Monica Bellucci, che ha presentato il suo cortometraggio Jesus was a commie.
Modine si è subito dimostrato molto impegnato e disponibile esternando una consapevolezza sociale e politica inaspettata. L’attore di Full Metal Jacket ha commentato la situazione politica attuale. L’attore ha esortato i giovani a reagire al malgoverno e a difendere i propri diritti “come si può pensare di far pagare l’acqua che è uno degli elementi fondamentali per la vita…” e non ha neanche risparmiato una battuta su Berlusconi “Il fatto che Silvio Berlusconi sia proprietario di numerosi media tra televisioni e giornali è sicuramente pericoloso. Adesso, magari qualche soldato del Cavaliere potrebbe colpirmi, ma sono convinto che bisogna sempre dire la verità in faccia al potere”. Naturalmente Modine ha anche parlato di cinema e di come i grandi registi con cui ha lavorato abbiano cambiato il suo modo di vedere e di affrontare la realtà che ci circonda. Da Kubrick a Altman fino a Oliver Stone, Modine ha evidenziato la capacità del cinema di aprire gli occhi della gente per far vedere dietro le apparenze delle cose.
Nel pomeriggio sono poi stati presentati due film: l’unico italiano in gara Il console Italiano di Antonio Falduto e Lotus Eaters di Alexandra Mcguinness. Purtroppo l’unico film italiano in concorso non sfrutta appieno l’occasione di affrontare una tematica importante come quella della tratta delle donne e finisce per essere l’ennesimo prodotto para-televisivo indebolito da una fragile sceneggiatura e da una regia poco ispirata. Il film ha comunque il pregio di far conoscere al pubblico italiano Lira, splendida cantante e attrice sudafricana che ha regalato una bella esibizione canora durante la serata al teatro antico. Molto affascinante invece il bianco e nero glamour di Lotus Eaters, brillante esordio della Mcguinness, che ci porta nelle abuliche vite dei giovani dell’upperclass inglese.
Per il grande cinema al teatro antico è stato presentato l’ultimo film di Dominic Sena L’ultimo dei templari inutile film avventura-horror-medievale fuori tempo massimo per il filone post Codice da Vinci che risulta involontariamente risibile oltre che saccheggiare a piene mani recenti videogame come Dante’s Inferno o Castlevania Lords of Shadows.
Confesso di non essere stato presente il 14 giugno comunque vi segnalo la presentazione dell’ultima opera di Patrice Lecomte Voir La Mer. Lecomte ha aperto la giornata del 15 con una interessante master class in cui ha difeso l’importanza di vedere il cinema al cinema. Il 15 pomeriggio è stato anche presentato il film Alzheimer di Ahmad Reza Motamedi, opera dal ritmo lento con alcune situazioni riuscite ma nel complesso troppo legato a schemi espressivi criptici. Il clou della giornata del 15 è stata la proiezione serale, avvenuta dopo un interessante premiazione giornalistica presieduta dal presidente del premio Nobel, Kjell Espmark, di Cinéma Vérité splendido film di Shari Springer Bergman e Robert Pulcini che racconta la nascita del primo reality televisivo per opera di Craig Gilbert che filmò la famiglia Loud nella loro quotidianità. L’intrusione della macchina da presa nel privato finì per distruggere i Loud e segnò il primo passo verso l’indebolimento di un limite etico che ancora oggi fa tanto discutere e influenza i palinsesti mondiali.
La giornata del 16 si è aperta all’insegna del Maghreb, interessantissimo l’incontro col produttore Tarak Ben Ammar, figura controversa per i suoi legami col mondo politico e economico ma comunque grandissimo produttore capace di portare nella sua Tunisia importantissime produzioni internazionali. Dopo l’incontro con Ammar è stato il momento dei corti siciliani purtroppo non all’altezza dell’importanza della kermesse, dispiace che un festival come quello di Taormina non sia riuscito a trovare dei prodotti più validi che sicuramente sono presenti tra gli autori dell’isola siciliana. Dopo i corti sono stati presentati due libri: “Lo schermo trema: letteratura siciliana e cinema” di Franco la Magna e “Annarita, una cineasta a tutto campo” del grandissimo e indimenticato Gregorio Napoli, purtroppo, a causa di una cattiva organizzazione, non è stato dato il giusto risalto alla presentazione di questi due interessanti volumi e alla memoria di un critico come Gregorio Napoli che tanto ha dato a questo festival. Grande attesa anche per la prima mondiale di Parking Lot di Francesco Gasperoni, primo film italiano in 3D che purtroppo ha confermato le nostre paure. Nonostante l’impegno di rendere il 3D più accessibile grazie ad una tecnica sviluppata dallo stesso regista, Parking Lot è un film fondamentalmente inutile. Una sceneggiatura che naufraga dopo uno spunto interessante, personaggi goffi e poco credibili, fatta eccezione per la protagonista che sarebbe anche convincente se privata dei troppi audio fuori-campo esageratamente didascalici. Poco prima della proiezione il regista mi aveva detto d’aver cercato di usare il 3D in maniera espressiva, il che mi ha naturalmente incuriosito, peccato che, malgrado le buone intenzioni, sia riuscito a fare il contrario creando addirittura una sorta di paradosso stilistico: la maggiore profondità di campo del 3D, tenendo sempre tutto a fuoco, rende l’immagine ancor più piatta della bidimensionalità. Aldilà del 3D Parking Lot è un film che non osa e per questo si perde in situazioni incapaci di generare un’autentica tensione nello spettatore.
Il penultimo giorno del festival ha visto la presentazione dell’ interessantissimo progetto di “Coordinamento dei festival del Cinema in Sicilia” ideato dal regista Nello Correale. Il regista ci ha spiegato la sua “motivazione risorgimentale” che lo ha portato a cercare di unire le forze di tanti piccoli ma importanti festival, come il suo festival del cinema di frontiera, per poter creare un consorzio che possa trattare ad armi pari con le istituzioni oltre che ricevere le attenzioni di sponsorizzazioni all’altezza. Durante la giornata è stata presentata l’ultima fatica del simpatico Kevin Smith Red State e un bel film d’animazione Le chat du Rabin di Joann Sfar. L’attore Robert Sheehan ha presentato in serata il film Killing Bono mediocre pellicola sulle origini di una delle band più importanti della storia del rock-pop gli U2. La giornata conclusiva del festival si è svolta tra diversi incontri, Joann Sfar, Valentina Lodovini, Robert Sheehan e Kevin Smith, proiezioni istituzionali come il corto di Gianfrancesco Lazzotti Oshtello: per entrare basta un sogno e altre più riuscite. Ma la vera attrazione è stata sicuramente la serata finale al teatro antico e non soltanto per l’assegnazione dei premi che, per la cronaca, sono andati a Sur la Planche di Leila Kilani che ha ottenuto anche il premio come miglior regia e miglior interpretazione per tutte le attrici del film, premio speciale al delizioso Le Chat du Rabin di Joann Sfar, per il concorso oltre il mediterraneo ha vinto Black Butterfly di Paula van der Oest mentre la giuria dei 40 giovani ha premiato ex aequo Press di Sedat Yilmaz e Cairo 678 di Mohamed Diab e, per oltre il mediterraneo, Truth about men di Nikolaj Arcel.
Aldilà del giudicare l’assegnazione dei premi, a mio avviso più azzeccati i risultati della giuria dei giovani, mi piacerebbe un attimo riflettere sulla natura stessa dei film in concorso che, a mio parere, sono più opere da sezione speciale che da main-competition. Accanto alle sezioni Mediterranea, Oltre il mediterraneo e Maghreb (ospite d’onore di quest’anno) il festival manca di una sezione che porterebbe maggiore interesse alla Kermesse, sezione che tra l’altro già esiste come Grande Cinema al Teatro Antico e che dovrebbe diventare un grande concorso di cinema internazionale e non una vetrina per opere a volte discutibili come Parking Lot o L’ultimo dei templari che in un concorso non avrebbero, probabilmente, trovato spazio. Detto questo, voglio chiudere parlando di quello che è stato l’evento più riuscito di tutto il Taormina Film Festival, un’esibizione magica grazie alla quale i presenti hanno sentito per una volta il valore e la magia della cultura siciliana. Organizzata grazie all’impegno di Nello Correale, la proiezione del nuovo lavoro del regista La voce di Rosa è stata preceduta da un concerto, aperto da Francesco Giunta e proseguito da Mario Incudine e il suo gruppo con due performance di Rita Botto e Donatella Finocchiaro, che ha creato una magica atmosfera in cui la tradizione e l’attualità della cultura siciliana si sono fuse perfettamente regalando emozioni autentiche ad un festival finora sospeso nella sua formalità. Mario Incudine è stato davvero capace di infiammare tutto il teatro senza dimenticare l’impegno umano e civile contenuto in un pezzo come Salina. Dopo l’esibizione canora di Donatella Finocchiaro abbiamo potuto assistere a un documentario pulito, asciutto, essenziale nel raccontare Rosa Ballestrieri che fu alfiere della sicilianità in Italia e nel mondo. Il documentario di Correale è sincero nel raccontare le emozioni di un popolo in evoluzione, impossibile non citare la maestria della montatrice Paola Traverso che, grazie a delle splendide intuizioni, è riuscita a rendere dei semplici filmati di repertorio parte espressiva dell’opera.
Insomma un finale che ci fa dimenticare delle piccole pecche organizzative di questo festival, di direttori di giuria che non presiedono alla premiazione finale e di alcuni film decisamente al di sotto delle aspettative, tuttavia dobbiamo sempre ricordare che il Taormina Film Festival è comunque un grande evento, capace di calamitare l’attenzione internazionale e attento alle nuove tendenze cinematografiche, forse dovrebbe solo trovare il coraggio di riprendersi quel posto tra i grandi che sicuramente gli spetta.
di Redazione