56° Taormina Film Festival – Chiusura
Alla fine dello scorso articolo vi avevo annunciato l’Emir Kusturica day che il 15/06 ha aperto con la proiezione di Maradona, ma prima di parlare dell’incontro col grande regista di Sarajevo lasciate che vi racconti di una piccola perla che il Taormina Film Fest ha regalato ai suoi spettatori. Si tratta di Finding Lenny del Sudafricano Neal Sundstrom che vede protagonista un irresistibile Barry Hilton. Il film, pur non essendo un capolavoro di tecnica, conquista per la sua capacità di catapultarci non tanto nella realtà sudafricana quanto nello spirito di un popolo che, malgrado le mille difficoltà, riesce a sorridere alla vita e ad essere ottimista sempre e comunque. Barry Hilton, noto comico sudafricano, dà vita ad un personaggio esilarante nel modo in cui affronta le mille vicissitudini che il film gli propone. Nella sua semplicità il film riflette sulla convivenza tra tradizione e innovazione in una terra che con tenacia cerca di consolidare una convivenza che arricchisca tutte le etnie che la popolano.
Ma torniamo all’evento clou della giornata del 15/06; Emir Kusturica che ha parlato del concetto di autore cinematografico individuando un autore contemporaneo italiano in Matteo Garrone e lodando il suo Gomorra. Durante la master class Kusturica ha parlato molto del suo film Maradona e di come lo abbia realizzato per aiutare l’amico Diego ad uscire da un periodo nero della sua vita. Kusturica ha poi espresso il suo rammarico nel vedere un calo di interesse nei confronti del cinema d’autore e ha lanciato una frecciata al cinema Hollywoodiano colpevole, secondo il regista, di abituare il pubblico a storie facili. Il 15/06 è stata anche la giornata di Fatemeh Motamed Arya, famosa attrice iraniana giunta a Taormina per ritirare il premio per l’amico Jafar Panahi. L’incontro con l’attrice iraniana è stata un’ occasione per riflettere sulle condizioni del cinema iraniano oggi e sulla libertà d’espressione artistica. Durante la giornata del 15/06 abbiamo avuto modo di assistere alla proiezione di diversi film tra cui Vavien di Durul e Yagmur Taylan, una sorta di commedia−nera che racconta la storia di una famiglia tra esasperazioni, manie e piccoli istinti omicidi. Il film esprime alcune peculiarità della cultura turca e, a volte, spinge un po’ troppo sulla rassegnazione femminile. Le immagini sono curate e, tutto sommato, gradevoli ma il paragone con i Coen, più volte proposto dalla critica, non regge molto poiché ai fratelli Taylan manca la padronanza della scrittura e della narrazione squisitamente cinematografica che da sempre contraddistingue le opere dei loro colleghi americani.
Ha colpito l’esordio di Nawaf Al−Janahi Aldayra, un thriller che ci mostra un lato degli emirati arabi poco conosciuto, quello della criminalità organizzata ma lo fa raccontando una storia che affronta la tematica della vita e della morte con spiccata sensibilità. Pur rivelando le sue influenze statunitensi, Al−Janahi, riesce a regalarci un approccio originale al più volte narrato rapporto tra vittima e carnefice, lo stile e la fotografia ricordano molto le atmosfere di Michael Mann e fanno ben sperare per le opere future di questo giovane cineasta. La serata al teatro antico si apre con la presentazione della giuria e un omaggio a due amici del festival scomparsi da poco: Enrica Fortunato, organizzatrice del festival per tanti anni, e Gregorio Napoli, grande critico sempre presente al festival e indimenticabile amico. Un momento di sincera commozione ha accompagnato il video messaggio di Jafar Panahi che ha ringraziato l’organizzazione del festival per il premio ricevuto e fatto un appello per tutti coloro i quali sono stati rinchiusi senza colpe e che non hanno, come lui, la fortuna di avere così tanta gente che si interessa per il loro rilascio. Panahi si è detto felice di appartenere a quella grande famiglia che è il cinema che tanto lo ha sostenuto nei momenti di difficoltà.
Film della serata è stato il divertente Death at a funeral, riuscito remake di Neil La Bute del film di Frank Oz del 2007. La Bute mostra ancora una volta la sua capacità di spaziare tra i diversi generi e qui riesce a divertire grazie ad un abile regia e a delle brillanti interpretazioni di tutto il cast, da segnalare Chris Rock, Danny Glover e James Marsden, esilarante nel ruolo di Oscar. Il 16 giugno si è aperto con un incontro fuori programma con la sceneggiatrice Stefania Rossella Grassi. Nel pomeriggio abbiamo assistito alla proiezione di Love in a puff di Pang Ho-Cheung che racconta il mondo delle relazioni interpersonali con un’eleganza che ricorda Wong Kar Way senza però raggiungerne le vette e con una poesia che riprende il volo di una busta di plastica senza commuovere come American Beauty, in definitiva un altro film che contrappone il grigiore del mondo con i colori del sentimento e che sa molto di vorrei ma non posso (non riesco).
In serata è stato presentato L’imbroglio del lenzuolo di Alfonso Arau, grande accoglienza per la Cucinotta e per tutto il cast tra cui Anne Parillaud, mitica interprete di Nikita qui in un’inedita veste bionda. La Cucinotta ha ricevuto il premio Messinese Ambasciatore nel Mondo dal presidente della provincia di Messina Nanni Ricevuto che ha poi dato lo stesso riconoscimento a Salvatore Mancuso, noto imprenditore e vice presidente di Alitalia, purtroppo dobbiamo sottolineare come durante la premiazione sia venuta fuori quell’arroganza politica che ha tolto per un attimo la scena al festival proponendoci una serie di baci, abbracci e autocompiacimenti probabilmente evitabili. L’imbroglio nel lenzuolo, diciamolo subito, non convince del tutto, pur regalando una visione dell’antica Sicilia diversa dallo stereotipo tornatoriano, Arau non riesce a catturare l’attenzione né a far riflettere sulla nascita e sul potere di quel mezzo che ad inizio secolo sconvolse il mondo: il cinema. Non basta la sempre impeccabile fotografia di Vittorio Storaro a sollevare un opera che risulta ingenua nel suo non approfondire interessanti tematiche e banale nel suo semplificare l’impatto storico del mezzo cinema.
Il 17/06 è stato il giorno di Dario Argento e del suo ultimo film Giallo, che uscirà in Italia dopo enormi difficoltà. Il maestro ha incontrato il suo pubblico durante un’interessantissima Master Class, dove si è espresso sull’importanza degli effetti visivi e delle storie. Argento si è mostrato amareggiato per le condizioni del cinema italiano arrivando ad affermare che “Il cinema italiano non esiste più” e denunciando una mancanza di sperimentazione nel cinema. Ha poi rivelato di essere interessato a realizzare un Dracula in 3D e di vedere con molta fiducia ai giovani cineasti di genere orientali. Nel pomeriggio abbiamo visto il film brasiliano Besouro di João Daniel Tikhomiroff. Film che racconta il mito di Besouro, operaio di colore che si ribellerà al potere dittatoriale grazie alla capoeira e alla magia brasiliana, è un onesto film di genere che pesca a piene mani dalla tradizione Western e dal Wuxiapian adattando dei classici schemi narrativi alla cultura e alla tradizione Brasiliana.
Durante la conferenza di chiusura del festival sono stati annunciati i premi di questa 56 edizione del Taormina Film Fest. Aldilà della bella iniziativa N.I.C.E. che ha visto Rec Stop And Play di Emanuele Pisano aggiudicarsi il premio come miglior corto e i Campus Gioventù Award che hanno premiato Besouro di João Daniel Tikhomiroff per il Brasile e 53 dias de invierno di Judith Colell per la Spagna e il premio della giuria popolare per Friendship di Markus Goller vanno segnalati i premi del concorso mediterranea assegnati dalla giuria internazionale composta da Dieter Kosslick, Isabel Coixet, Samir Farid, Alice Braga ed Enrico Lo Verso: Golden Tauro per il miglior film a Dalla vita in poi di Gianfrancesco Lazzotti che ha avuto anche i riconoscimenti per la migliore attrice femminile, Cristiana Capotondi e il migliore attore maschile Filippo Nigro mentre il premio per la miglior regia è andato allo spagnolo Jorge Coira per 18 Comidas. Aldilà del notare che proprio gli ospiti presenti l’ultimo giorno hanno ricevuto il premio, vorrei dire come Dalla vita in poi sia un film di tematiche che davvero ha poco a che fare con l’espressione squisitamente cinematografica, sebbene i suoi interpreti siano efficaci il film non regala nessuna sequenza realmente significativa dal punto di vista di narrazione filmica e dispiace che un festival che sta cercando di rilanciarsi con degli ospiti internazionali e con un apertura a delle cinematografie distanti si riduca a premiare un film che sa poco di cinema e molto di sociale e politically correct. Mi spiace che un festival stimoli un regista che non riconosce i limiti della sua opera e che interrogato sulla possibilità di utilizzare più mezzi della narrazione filmica risponde “anche se avessi avuto il quadruplo dei fondi non l’avrei fatto diversamente” quando una grande autrice come Yasmina Reza riconosce l’acerbità della propria opera Chicas (con una stupenda Emmaule Seigner e non me ne voglia la pur brava Capotondi) ripromettendosi di usare più cinema nelle sue prossime opere. Ma, purtroppo, questo è il cinema italiano di oggi, che tanto fa storcere il naso ad autori come Bellocchio e Argento ma che tanto sta bene a pseudo-autori come Lazzotti la cui esperienza (arroganza) televisiva gli fa credere di essere ottimi narratori di storie dimenticando però che questo non sempre vuol dire saper fare cinema.
Oltre al meritatissimo Taormina Arte Award a Francesco Alliata di Villafranca e ai più o meno meritati premi ai film, il festival ci ha lasciato con il dolce in bocca salutandoci con la proiezione dell’esilarante Wild Target di Jonathan Lynn con uno strepitoso Bill Nighy alle prese con un perfido Rupert Everett. In questa 56sima edizione del festival di Taormina abbiamo visto grandi ospiti, film interessanti, un conduttore un po’ fuori luogo (colpevole anche la mancanza di autori e l’impossibilità di provare) e una giuria che, alla fine, non ha tenuto fede al proprio potenziale critico dando la sensazione di aver premiato chi si doveva premiare a prescindere. Ma probabilmente ogni festival ha i suoi pro e i suoi contro e pensiamo che il Taormina Film Fest sia stata un occasione per celebrare il cinema e auguriamo alla direttrice Deborah Young di riuscire a superarsi per l’appuntamento del 2011.
di Redazione