25. Festival del cinema africano, d’Asia e d’America Latina – Milano

Da 25 anni, a Milano, il FCAAAL convoca le culture del mondo attraverso il linguaggio delle immagini e la presenza reale di tanti autori e autrici.

Da 25 anni, a Milano, il Festival del cinema africano, d’Asia e d’America Latina (FCAAAL) convoca le culture del mondo attraverso il linguaggio delle immagini, ma anche grazie alla presenza reale di tanti autori e autrici di un cinema periferico eppure spesso assai più vitale di altri, per forma e contenuto.  Di questo importante traguardo va dato merito in primo luogo alle due brave e tenaci direttrici artistiche – Annamaria Gallone e Alessandra Speciale – che dal 1990 hanno fatto crescere, anno dopo anno, questo spazio vitale di conoscenza ed esplorazione delle diversità del mondo (il cinema che viene dall’Africa ma poi -a partire dall’edizione 2004- anche dal continente asiatico e da quello sudamericano. Ma anche, nel backstage, alla forza organizzativa del COE-Centro Orientamento Educativo, alle attività capillari e permanenti in ambito scolastico, alla nutrita e appassionata rete di volontari, e a quella capacità di tessere alleanze e attrarre sponsorship che nel tempo ha portato il festival ad ampliare l’offerta e moltiplicare i luoghi e le occasioni di incontro (oltre al cinema, le mostre fotografiche, esposizioni e performance artistiche, dibattiti, ecc.). Quanto al campo  specificamente cinematografico il FCAAAL fa parte sin dall’inizio del Milano Film Network (federazione dei 7 festival milanesi storicamente più importanti e consolidati).

Da alcuni anni, comunque, il cuore pulsante nel “Festival Center” resta il “casello del pane” di Porta Venezia, mentre alla storica sala dell’Auditorium San Fedele si affiancano lo Spazio Oberdan e il Cinema Beltrade. E proprio al San Fedele, come da tradizione, il festival sarà inaugurato lunedì sera con un’anteprima italiana molto attesa: quella di Taxi Teheran di Jafar Panahi, vincitore dell’Orso d’Oro all’ultima Berlinale (distribuito in Italia dalla neonata “Cinema” di Valerio De Paolis), terzo film che il regista iraniano tutt’ora bandito in patria (nonostante il nuovo e un po’ meno aspro corso politico) riesce a realizzare  e far giungere all’estero dopo il suo clamoroso arresto nel 2010.

Ancora in tanti ci si ostina a pensare che il dialogo tra le culture (e tra le religioni) resta l’unico antidoto contro i fondamentalismi, ma che pure questi ultimi sono la negazione stessa di ogni possibile dialogo. E’ dunque significativo che a guidare la giuria del concorso lungometraggi sia stato chiamato il regista mauritano Abderrahmane Sissako. Candidato al premio Oscar 2015, con il suo intenso e memorabile Timbuktu in Francia ha vinto ben 7 César (ed è primo regista africano a vincere il prestigioso premio francese!). Sissako è una vecchia conoscenza del Festival, sin dal 1991 quando vi presentò il suo folgorante cortometraggio d’esordio, Le Jeu, per poi tornare, nel 1994, con Octobre che vinse il premio per il miglior cortometraggio. Da segnalare che sabato 9 maggio (allo Spazio Oberdan,  dalle 10 alle 13) l’autore di film come La vie sur terreAspettando la felicità, Bamako, condurrà una Masterclass sul  suo cinema (curata da Giuseppe Gariazzo, promuove il festival insieme al Milano Film Network).

Quest’anno poi la 25ma edizione del FCAAAL coincide e interagisce con altri importanti eventi che vedono protagonista Milano come vetrina e porta d’ingresso del mondo, dalla recentissima inaugurazione del Mudec-Museo delle Culture (che vede in corso proprio una grande mostra sull’arte del continente africano) all’avvio di EXPO 2015. Il Mudec ospiterà (dal 7 al 10 maggio) una nuova sezione del Festival, “Africa Classics”: 6 titoli che hanno segnato la storia del cinema africano restaurati dal World Cinema Project di Martin Scorsese, distribuiti dalla Cineteca di Bologna e provenienti da Senegal, Egitto, Marocco e Sudafrica. Si inizia (il 7 maggio) con due maestri del cinema senegalese, Borrom Sarret (1963), opera prima di Sembène Ousmane (considerato il primo film africano della storia) e, a seguire, Touki Bouki (1973) del visionario Djibril Diop Mambéty. Anche con la grande e controversa kermesse di EXPO il festival presenta punti di incrocio, come la terza edizione della sezione Films that Feed (in collaborazione con ACCRA-CCS) dedicata alle tematiche dell’alimentazione, dello sviluppo sostenibile, della biodiversità, ecc. (quest’anno poi alcune proiezioni avranno luogo anche negli spazi di Rho-Pero, grazie alla collaborazione con Slow Food). Però il suo spirito e la sua missione seguono da sempre logiche ben diverse, non istituzionali o di business, ma di partecipazione e inclusione, che tendono  ad attrarre e coinvolgere attivamente anche le comunità straniere presenti sul territorio.

Le sezioni portanti del festival allineano 60 titoli, di cui la maggior parte sono in anteprima nazionale (in qualche caso anche in prima europea e mondiale). Ci limitiamo qua a segnalare solo alcuni titoli tra le anteprime del programma. Meurtre à Pacot del famoso regista haitiano Raoul Peck, ambientato a Port au Prince nel dopo-terremoto; Letters from Al Yarmouk diretto dal regista palestinese Rashid Masharawi (già presente lo scorso anno con Palestine Stereo), un documentario su un campo profughi palestinese creato nel 1957 in un quartiere di Damasco (di recente  l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i profughi ha definito la situazione nel campo “oltre il disumano”); Made in China, del sudcoreano Kim Dong-hoo, prodotto e scritto da Kim Ki-duk, che tratta del risentimento anticinese dei coreani e della loro diffidenza verso tutte le importazioni di cibo dalla Cina Popolare; Le Challat de Tunis, della giovane regista tunisina Kaouther Ben Hania, che usando anche  ironia e humour, mette in scena i conflitti di genere della sua società. Dal concorso cortometraggi segnaliamo Excuse Me While I Disappear del regista e artista Michael MacGarry, una coproduzione tra Sudafrica e Angola, che parla di  Kilamba Kiaxi, una nuova city costruita dai cinesi alla periferia di Luanda. MacGarry sarà presente a Milano mentre la  Biennale di Venezia, dal prossimo 9 maggio, ospiterà il suo progetto The Johannesburg Pavilion.

Per il dettaglio del programma si rimanda al sito del festival www.festivalcinemaafricano.org (sui suoi canali social è stata lanciata anche una campagna di memorie condivise di questi primi venticinque anni).

In foto
Taxi Teheran, di Jafar Panahi (Iran – 2014)


di Redazione
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