Una questione di sguardo: presentata la 38. Settimana Internazionale della Critica
Beatrice Fiorentino, Delegata Generale della 38esima Settimana Internazionale della Critica, introduce l'edizione 2023.
Riportare lo sguardo al centro. Riappropriarsi del potere delle immagini e della responsabilità che deriva dall’atto di osservare attraverso un dispositivo di riproduzione.
Cos’è il cinema oggi? È ciò che è sempre stato e ancora sarà, indipendentemente dai formati, dai supporti, dalla misura degli schermi e dai ripetuti allarmi sullo stato di crisi: una finestra sul mondo, indispensabile occasione di (ri)lettura oltre che di racconto, opportunità per esprimere un punto di vista. Talvolta personale, unico, talaltra riflesso di un sentire comune. È sempre, comunque, una questione di sguardo.
Con la complicità del comitato di selezione composto da Enrico Azzano, Chiara Borroni, Ilaria Feole e Federico Pedroni, partner in crime nell’individuare le tendenze più audaci del cinema del presente (con l’obiettivo puntato sul futuro), la 38. edizione della Settimana Internazionale della Critica si compone di occhi insoliti, onnivori, avventurosi, accomunati dal gusto del rischio e una sorta di furia oltre che dall’urgenza di affermarsi e affermare attraverso una propria visione sullo stato generale delle cose. Gesti potenti che non passeranno inosservati e che, anzi, stupiranno, scuoteranno l’immaginario, lasciando auspicabilmente un segno.
Com’è ormai tradizione, anche quest’anno la SIC offrirà i suoi 7+2 esordi scelti tra gli oltre cinquecento titoli arrivati da ogni angolo del mondo. Tra questi si è fatta imponente la presenza femminile, così come quella di forme diverse e “nuove” di narrazione non-fiction (dato in sensibile aumento), ma poderosa e massiccia è anche quella delle fiction, con tanto cinema di genere: noir, fantascienza, horror. Tutti, senza eccezione, accostabili tra loro per la voglia di osare sia nelle scelte visive/narrative che per una precisa, lucida e netta presa di posizione. Per la presenza di uno sguardo, appunto.
Sono immagini che si aprono a un dialogo con la contemporaneità in un corto circuito perpetuo che si alimenta dentro e fuori dallo schermo. Attingendo dal reale, per poi approdare a visioni autentiche e originali, sia intime che corali. Sguardi decolonizzati, narrazioni ufficiali rivisitate, traumi apparentemente sopiti che riemergono con violenza; lo “spazio” diventa un terreno da ridefinire ed entro il quale misurarsi, mentre il passato e il presente si trovano a un’evidente resa dei conti, come se tutti, oggi, fossimo invitati a ripensare la storia, individuale e collettiva, con occhi nuovi, sulla base di una diversa e più consapevole coscienza critica.
Ancora: stati di alienazione, linguaggi che si esprimono attraverso i corpi, vampiri assetati che annunciano la fine del patriarcato, ragni infestanti come metafora della minaccia del neo-capitalismo (nella attuale marginalità delle banlieue). Senza
trascurare la dimensione ontologica dell’immagine grazie a un uso creativo del digitale, del deep fake o per l’adozione del formato verticale a bassa definizione come gesto di autoaffermazione.
Sono film che raccontano storie “per tutti”, perfettamente calati nel presente, che non
smarriscono il piacere per l’intrattenimento, ma non temono neppure di affrontare la
sfida di una provocazione.
L’atto della visione non è mai stato così politico.