Maria Schneider 1983

La recensione di Maria Schneider 1983, di Elisabeth Subrin, vincitore del Premio al miglior cortometraggio al Festival Vive le cinéma di Lecce.

“Perché il mestiere dell’attore non viene preso sul serio? E’ancora considerata una professione folle, marginale. Ha anche le sue croci. Quando vedi i destini come quello di Romy o degli altri, ti poni delle domande. E’un lavoro molto pericoloso. Molto. Non lo consiglierei a nessun giovane.”

A parlare è Maria Schneder o, per essere più precisi, come suo alter ego, tre attrici; Manal Issa, franco-libanese, Aissa Magia, di origini maliana e sengalesi e Isabel Sandoval, filippina. Tutte e tre ripetono fedelmente quello che Maria Schneider pronunciò nel corso dell’intervista rilasciata nel 1983 ad Anne Andreu e Raul Sangla per il programma televisivo Cinema Cinemas.

La regista americana Elisabeth Subrin, nota per i suoi lavori di arte visiva, ha di fatto, ripreso quella storica intervista e lasciato che tre attrici ridessero voce ala Schneider. Ne viene fuori il ritratto di una donna che ama più la vita che il cinema, che pensava che, da grande, avrebbe fatto la pittrice e che, di tutte le star che ha incontrato, è rimasta folgorata da Anna Magnani. Senza peli sulla lingua, confessa di aver rifiutato molti copioni, perché non ci sono molti ruoli femminili degni di nota.

“Le donne sono sempre ideate per esistere in relazione a un uomo. Come in ogni campo, è l’uomo che detiene il potere, anche nel cinema.” Dopo aver dichiarato che sono i produttori e i distributori e non i registi a scegliere gli interpreti dei film, alla domanda degli intervistatori, se possono inserire un estratto di “Ultimo tango a Parigi”, risponde no.

“Non voglio più parlare di quel film. Non voglio essere sempre associata a quel film. Ovunque vada, quel film mi perseguita. Basta. E comunque preferirei parlare di Professione:reporter.” Un’operazione questa di Elisabeth Subrin assolutamente originale e innovativa, non solo perché lascia che, come in un loop, le tre attrici ripetano quanto dichiarato dalla  collega parigina, ma perché, crea in qualche modo un corto-doc, della durata di 25’, forma artistica che apre alla possibilità che altri registi, sulla sua scia, riproporranno, in seguito altre storiche interviste di registi, attori o attrici famose.

Subrin, infine, per dare ancora più forza alle parole della Schneider, adotta una scelta stilistica ben precisa: camera fissa sulle tre attrici, vestite tutte allo stesso modo e di spalle a uno specchio di un locale parigino. Manal Issa è fantastica; perfettamente calata nel ruolo, tra una domanda e l’altra, sfumacchia, sorride, riflette. Aissa Magia e Isabel Sandoval sembrano assuere un atteggiamento meno divertito e giocoso e appaiono, (forse per una scelta registica),  un po’ troppo indurite, meno empatiche e più implose in se stesse. Vincitore come miglior corto documentario ai Cèsar 2023 e presentato a “Vive le cinema”, rassegna del cinema francese di Lecce.


di Ignazio Senatore
Condividi

di Ignazio Senatore
Condividi