Il cinema di Marco Risi: da Appunti su Hollywood (o, meglio, da Vado a vivere da solo) a Il punto di rugiada
Michela Manente recensisce Il cinema di Marco Risi, monografia sul regista a cura di Davide Magnisi e Lorenzo Procacci Leone.
Non solo commedia, non solo neo-neorealismo, non solo cinema d’impegno civile: per smarcarsi da ipoteche familiari e realizzare un personale visione del cinema del reale, Marco Risi ci ha impiegato quarant’anni, approdando, lo scorso anno, a Il punto di rugiada, un film politico e sociale sul tema della senilità, in dialogo con il padre (uno dei protagonisti, interpretato da Massimo De Francovich, si chiama non a caso Dino), frutto di dieci anni d’incubazione e nato dall’incontro con lo scrittore Enrico Galliano.
Altrettanti sono stati gli anni che la critica ci ha impiegato per tributargli una monografia completa, oggettiva, Il cinema di Marco Risi (Edizioni Il Foglio, 2024), “approvata” dal regista stesso, che ha concesso a Davide Magnisi, curatore del libro assieme a Lorenzo Procacci Leone, una corposa intervista in cui racconta tutta la sua vita da regista, i progetti dei film, le relazioni chiave – con sceneggiatori, produttori e attori – i panorami del cinema a cavallo tra due stagioni e con molti aneddoti che completano quelli contenuti nel volume autobiografico Forte respiro rapido. La mia vita con Dino Risi (Mondadori, 2020), senza sottrarre al lettore il racconto delle “frustate” del regista padre della commedia all’italiana ad alcuni aspetti del lavoro del figlio e di altri colleghi. Se l’intervista a Risi è la parte nodale del volume, i due saggi incipitari inquadrano i generi dei suoi film: Marco Risi e la commedia di Valerio Caprara e Marco Risi, le metamorfosi del cinema d’impegno italiano dello stesso Davide Magnisi. Per non perdersi nella produzione prolifica ma non regolare del regista, in calce al volume troviamo la filmografia completa con le schede sintetiche dei film di fiction che ci aiutano a leggere la cronologia del suo lavoro con dati relativi ad ogni pellicola e di rimando alle recensioni collocate nelle pagine antecedenti del libro, in ordine cronologico, affidati a una pletora qualificata di critici (nel corso della recensione vengono menzionati tutti: Fabio Zanello, Beatrice Fiorentino, Roberto Chiesi, Mariangela Sansone, Frédéric Pascali, Massimo Arciresi e David Grieco per l’incipitario Marco Risi, un grande regista ancora da scoprire a p. 7) in grado di inquadrare ogni film sotto pluriprospettici approcci, non disdegnando qualche stroncatura in linea con l’accoglienza tiepida di alcuni film, tra tutti Tre tocchi (Tre tocchi: come hai detto che ti chiami?, recensione di Francesco Saverio Marzaduri, pp. 125-131) e le polemiche che hanno accompagnato Soldati – 365 all’alba (Ignazio Senatore, pp. 67-71), film ben accolto ma che non trovò la collaborazione con le istituzioni militari. Tra le interviste, collocate dopo i saggi monofilmici, segnaliamo quelle a Enrico Vanzina (complice del debutto del regista e già regista di studio del volume Il cinema dei fratelli Vanzina, a cura di Lupi, Magnisi, Bergantin, Il Foglio, 2022), Jerry Calà (interprete della prima stagione di Risi), Claudio Amendola (nel ruolo di Pietro Giancona in Mery per sempre ma protagonista anche in Cha cha cha), Sandro Petraglia, sceneggiatore dei film più iconici di Risi, Aurelio Grimaldi, autore del libro Meri per sempre e co-sceneggiatore del sequel Ragazzi fuori, e ad attori come Giorgio Tirabassi, per Il branco, e a Donatella Finocchiaro, L’aquila – grandi speranze, interviste che aiutano nel complesso a contestualizzare i progetti e a definirne la natura compositoria.
La monografia è dedicata al mai dimenticato Andrea Purgatori con cui Risi ha intessuto una prolifica collaborazione di consulenza e incarichi di co-diretta sceneggiatura in occasione de Il muro di gomma e Fortapàsc, quest’ultimo sulla vicenda del giornalista Giancarlo Siani ucciso dalla camorra. L’intervista allo sceneggiatore di Nel continente nero e Tre mogli (pp. 307-321) è l’ultimo tributo al grande giornalista scomparso. Questo “atto d’amore a più voci” (dalla quarta di copertina) illumina a tutto tondo un regista, sceneggiatore e produttore e le sue passoni culturali, in continuità con l’eredità del padre Dino di cui è stato sceneggiatore, collocandosi al momento al primo posto assoluto nella classifica delle monografie dedicate a Marco Risi.
di Michela Manente