France Odeon: quando i festival di qualità ti riconciliano con il grande cinema
Ignazio Senatore recensisce alcuni film passati in rassegna al France Odeon di Firenze.
Grande successo di pubblico a Firenze per la 15° Edizione di France Odeon, per la direzione artistica di Francesco Ranieri Martinotti e del presidente Enrico Castaldi Tante le anteprime, numerosi gli incontri con i protagonisti delle pellicole e una selezione di film che, prediligendo ambientazioni eleganti e borghesi, ha affrontato tematiche variegate, dirette con maestria da registi emergenti e affermati e interpretati, tra gli altri, da attori del calibro di Francois Cluzet e Fabrice Luchini.
Na L’air de la mer rend libre di Nadir Moknechè, il protagonista è Said (Yossouf Abi- Ayad), un giovane macellaio che vive e lavora a Rennes con la famiglia. E’ omosessuale ma, per evitare lo scandalo, i genitori, in accordo con la madre della giovane Hadjira (Kenza Fortas), una ragazza sbandata con dei problemi con la giustizia, organizzano un matrimonio combinato tra i due giovani. La sposina è all’oscuro dell’orientamento sessuale del marito e, inizialmente, non dà peso alle uscite notturne del marito che frequenta Vincent, il suo ragazzo, e altri gay. I genitori premono perché Hadjira resti incinta, ma Said prende tempo. Un finale aperto chiude la vicenda. Più che lanciare un atto d’accusa nei confronti degli arcaici matrimoni combinati, al regista preme mettere in campo due giovani smarriti, alla ricerca di un proprio posto nel mondo.
Non meno intenso è Un metier serieux di Thomas Lilti. Protagonisti o un gruppo di professori delle scuole medie; Pierre (Francois Cluzet), il più anziano e rispettato di tutti, Marienne (Adele Exarchopoulos), Sandrine (Louise Bourgoin) e Fouad (William Lebghill). A loro si unisce Benjamin (Voncent Lacoste), giovane e inesperto di matematica. Come prevedibile nelle classi c’è qualche ragazzo turbolento, con alle spalle situazioni familiari disfunzionali. Neanche i professori se la passano meglio; Pierre non parla più da tempo con il figlio adolescente; Marienne è separata e ha messo in frigo il suo cuore; Sandrine ha un figlio che s’ubriaca a scuola e a casa è violento e aggressivo con lei; Fouad è depresso e ogni tanto cerca rifugio a casa di Pierre. Lilti, ex medico, dopo aver fotografato i guasti e la complessità del sistema sanitario francese, punto il dito contro l’istituzione scolastica, descritta come farraginosa e incapace di proporre un’istruzione al passo col tempo.
Ne L’etè dernier di Catherine Breillat, la regista francese mette in campo Anne (Lea Drucjer), avvocatessa, che vive con il marito Pierre e due bambine adottate. In casa, dopo essere stato allontanato dalla scuola, piomba Theo (Samule Kircher), diciassettenne ribelle, nato dal primo matrimonio di Pierre. I cuori di Anne e di Theo s’infiammano e i due diventano amanti. Lui si lega morbosamente a lei, che, in maniera ambivalente, prova, invano, a chiudere la relazione. Theo crolla, svela tutto al padre che, manipolato dalla perfida e astuta Anne, si convince che il ragazzo ha inventato tutta la storia per screditare Anne e attirare l’attenzione del padre su di sé. Theo non si dà per vinto. A chi crederà Pierre? La Breillat, dopo alcuni anni, ritorna dietro la macchina da presa e impagina un dramma borghese, già trasportato sul grande schermo tante altre volte. La regia è, però, curata, la Breillat non scivola sul terreno del sentimentalismo e, nelle ultime battute, con discreto successo, punta al thriller.
Ne L’ile rouge di Robin Campillo, si respira tutt’altra atmosfera. La vicenda è ambientata agli inizi degli anni Settanta, nella base aerea del Madagascar, dove alloggiano dei militari francesi. In questo film corale, protagonisti Robert (Quim Gutierrez), la moglie Colette (Nadia Tereszkiewicz) e il piccolo Thomas, un sognatore che spia il mondo dei grandi ed è un accanito fan di un’eroina di un fumetto. A rompere quell’atmosfera favolistica la decisione del governo francese di abbandonare l’isola perché gli abitanti, dopo aver ottenuto l’indipendenza, vogliono definitivamente affrancarsi dalla politica colonialista francese.
A chiudere il cerchio, il più bello di tutti; La petite di Guillaume Nicloux. Protagonista è Jospeph (Fabrice Luchini), ebanista che vive a Pessac con la figlia Aude. Un aereo precipita in mare e tra le vittime il figlio Emmanuel e il compagno Joachim. I due, gay, avevano fatto ricorso ad Annette, una sbandata che vive a Gent in Belgio, con la figlia. In cambio di una discreta somma di denaro, la donna aveva accettato di fungere per loro da madre surrogata. Annette non ha nessuna intenzione di crescere la nascitura che, per legge deve essere adottata. I ricchi genitori di Joachim non sono interessati a prendersi cura della piccola e, allora, Joseph si fa in quattro per rintracciare la madre ancora in dolce attesa e, dopo aver superato la sua diffidenza, si batte affinché possa adottare la piccola. Un Luchini giganteggia in questa storia toccante e commovente, dosata alla perfezione, che affronta, con la dovuta leggerezza lo spinoso tema delle madri surrogate.
di Ignazio Senatore