Disco Boy

La recensione di Disco Boy, di Giacomo Abruzzese, a cura di Gaia Serena Simionati.

Appena reduce dal festival di Ancona, Corto Dorico, dove si è aggiudicato il premio come ‘Miglior film’ della giuria attribuito dal Sindacato Critici Cinematografici Italiani, Disco Boy colpisce nel segno.

Giacomo Abruzzese, regista illuminato, fornisce una visione artistica, fotografica eccellente, supportata da una musica che ha con sè elementi abissali, lirici e melanconici che portano verso la trance. Come fa il film stesso: coraggioso, complesso, spiazzante e ipnotico. Questo corollario visivo primario tra intensi viola e verdi, arricchito dalla trama musicale di Vitalic, esalta un debutto sorprendente. Quello di Abruzzese che genera un film a dir poco conturbante.

A questa bellezza visiva, Disco Boy associa temi sociali e intensi, come la guerra, l’occupazione di territori e lo sfruttamento di popoli. E le sue dirette e inevitabili conseguenze: i migranti, i clandestini. Temi, ahinoi, così attuali. In un circolo vizioso, il messaggio del film associa tutto a tutti, ingenerando la riflessione che la collettività si appartiene, anche a distanza di spazi e tempi. Quello che sembra non toccarci da vicino, in realtà prima o poi arriva anche a noi. Da li il monito dell’attenzione verso il prossimo. Sfuggendo da morali e dettami religiosi, invece il film di focalizza sulla potenza del Karma.

Il tutto: musica, fotografia, tematica conferisce a Disco Boy quell’originalità che consente ai bravi registi italiani, spesso sottovalutati, di ritagliarsi un importante spazio anche nell’eccellenza internazionale. Temi della clandestinità, dei migranti disposti a tutto pur di avere un lasciapassare, un documento che, ne certifichi l’esistenza, sono qui trattati in un modo insolito. Non dimenticando pure che sono ragazzi giovani e che, nella normalità, non la loro, solo la discoteca ne certifica lhabitat primario. Non la trincea.

Franz Rogowski in gran spolvero, la musica di Vitalic potente e ipnotica, un linguaggio visivo sorprendente, fanno di questo film un piccolo grande capolavoro, degno di nota in un panorama italiano non sempre idilliaco.


di Gaia Serena Simionati
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