Convegno Dopo Venezia 2001
Apertura delle sale al pubblico, netto aumento degli accreditati presenti (tra stampa e operatori), doppio concorso, presenza di esponenti del governo, numerosi incontri paralleli. E molto altro ancora. La mostra del cinema di Venezia 2001 si era proposta fin dalle premesse come una manifestazione che avrebbe fatto parlare di sé, nel bene e nel male. Un leone d’oro contestato, nostalgia di riconoscimenti non assegnati, rincorse dietro alle star, battibecchi sul cinema italiano.
Di elementi di scontro e di confronto ce ne erano mercoledì 19 settembre quando Torri e Barbera hanno “guidato” i presenti all’incontro dopo Venezia.
Bruno Torri ha instradato la discussione facendo un elenco ragionato di dati riguardanti il festival, partendo dall’aspetto più innovativo della mostra: il doppio concorso, che se da un lato ha tolto visibilità alle sezioni storicamente animate dal cinema più “militante”, dall’altro ha sicuramente dato la possibilità di promuovere film che altrimenti sarebbero rimasti incastrati nel baratro della comunicazione dei media.
Torri ha continuato sottolineando che la selezione è stata più che discreta ma curiosamente di tono minore rispetto alla teoria dei nomi dei maestri schierati nei concorsi e non.
Ma quest’anno il festival ha visto la sua anima divisa in due: se da un lato, anche grazie all’apertura al pubblico, è esistito un festival del cinema visto, è anche vero che il festival stesso è stato attraversato da un brulicare di iniziative di approfondimento sul cinema, presente e passato.
Ha colto la parte finale dell’intervento di Torri, incentrato sulla disparità dei giudizi critici, Alberto Crespi, uno dei selezionatori, che ha descritto il momento attuale della critica cinematografica italiana come un insieme di schegge. Inoltre, a fronte di una progressiva sparizione degli spazi critici sui quotidiani cartacei si è assistito anche a Venezia alla continua moltiplicazione di spazi telematici. Gli ha fatto eco Angelo Guglielmi, Presidente dell’Istituto Luce, che da sagace critico letterario, qual è, ben accetta un intreccio contrastato di giudizi. Ma ha sottolineato un aspetto fondamentale del fare e del vivere un festival, chiedendo a cosa serva una manifestazione simile. Mentre Andrea Martini, delegato generale della Settimana Internazionale della Critica, ha ragionato sulla opportunità critica di assecondare la povertà espressiva con premi in denaro. Cristiana Paternò ha sottolineato invece, attraverso il caso Piccioni, quale ruolo debba avere la critica in difesa di un film italiano.
Altro dato: sempre più il cinema del fuori concorso è cinema d’autore, meno spettacolare come ai tempi di “Sogni e visioni” o delle “Notti veneziane”. Last but not least: prima della discussione, il direttore Alberto Barbera ha svelato gli spazi di intervento dello staff creativo e organizzativo di un festival. Il margine reale di azione di una direzione artistica non è più nella selezione ma in tutto il resto che intorno. Si è dovuto cioè lavorare sulla logistica, sulle funzioni specifiche legate alla promozione del film, alla visibilità “scaglionata” delle pellicole. Ormai la selezione è in mano a produttori e distributori che concedono prodotti di tre mesi in tre mesi, da un festival all’altro: Berlino, Cannes, Locarno e Venezia.
Dunque i festival sono macchine tali da rischiare di essere perennemente in ritardo rispetto al mercato vero.
di Barbara Perversi