Convegno: Andrej Tarkovskij, percorsi dello spirito.
A Lecce l'incontro per esaminare e discutere il cinema del grande regista russo, in collaborazione con il Festival del Cinema Europeo.
Il Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani, in collaborazione con il “Festival del Cinema Europeo”, organizza a Lecce, venerdì 28 aprile alle ore 11, presso la Multisala Santalucia a Lecce, un Incontro dal titolo Andrej Tarkovskij: percorsi dello spirito. L’iniziativa, che si propone di esaminare e discutere l’opera del grande regista russo, prevede le relazioni di Vito Attolini, Vincenzo Camerino, Morando Morandini, Silvana Silvestri e Tomáš Špidlik, alle quali farà seguito una discussione, coordinata da Bruno Torri, cui parteciperà anche il figlio dello stesso regista Andrei A. Tarkovskij.
Il convegno
In collaborazione con il “Festival del Cinema Europeo”, il Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani ha organizzato a Lecce, lo scorso 28 aprile, un Incontro dal titolo Andrei Tarkvoskij: percorsi dello spirito per esaminare e discutere il cinema del grande regista russo. I lavori convegnistici sono stati introdotti e coordinati da Bruno Torri, il quale ha esordito riaffermando la straordinaria importanza, estetica ed etica, dei film di Tarkoskij, un autentico genio che, per le circostanze storiche in cui visse, si trovò, quasi suo malgrado, nella posizione di dissidente nei confronti del potere sovietico, anche se “i suoi film apparivano, e appaiono, connotati molto più che da categorie politico-ideologiche, da profonde motivazioni spirituali”.
Hanno quindi fatto seguito, nell’ordine, le relazioni di Vito Attolini, Vincenzo Camerino, Morando Morandini, Silvana Silvestri e Tomáš Špidlik, i quali, prendendo spunto da un film ogni volta diverso, hanno trattato molti degli aspetti caratterizzanti il cinema di Tarkovskij. Attolini, muovendo da un’analisi di Andrei Rublëv, ha messo in luce la concezione estetica del regista, che si richiama alla “nuova arte religiosa” propugnata da Tolstoi, e che mira a superare “l’isolamento dell’artista” per perseguire un “ideale comunitario”: così il film, nella sua rappresentazione del rapporto tra l’arte e il popolo, e coinvolgendo anche il tema dei rapporti antagonistici tra l’artista e il potere, finisce pure per configurarsi come una “metafora del presente”. Camerino, riferendosi prevalentemente a Stalker, ha visto in Tarkovskij, e in particolare nella sua “affettività per l’uomo”, un “profeta del futuro” e “un filosofo morale”, mentre il film, che si avvale pure dell’“espressività del silenzio”, è stato interpretato anche come “un risarcimento dell’identità della cultura russa”. Parlando di Lo specchio, Morandini ha suggerito, per una sua corretta visione, “uno stato di attento abbandono” anche per meglio affrontare “le difficoltà di lettura”, ne ha ricordato gli elementi direttamente o indirettamente autobiografici (ravvisabili soprattutto nei rimandi all’infanzia e alla madre del regista), lo ha definito “un romanzo in versi” e “una meditazione sulla vita in una fase di crisi”, per infine indicare nella “contestazione del potere in nome dell’uomo” il contenuto essenziale e il senso ultimo del film stesso. Silvestri, a sua volta, ha visto inSolaris la “messa in scena di un dolore profondo” e una sorta di “preparazione all’esilio”, proponendo di scorgere in Tarkovskij, pur tanto radicato nella realtà e nell’anima russa, un “grande autore europeo”, dotato come pochi altri della “terza dimensione dello sguardo” che gli consente di “coniugare e unificare spiritualità e creatività”. Per ultima, la relazione del cardinale Špidlic (che non era presente, ma che aveva provveduto a inviare un suo scritto) nella quale Tarkovskij viene considerato come “un iconografo del cinema” in quanto “i suoi film sono come delle icone perché i loro temi sono spirituali”.
Su questo assunto, e muovendo dalla convinzione che “la spiritualità dell’Oriente cristiano è escatologica e tale è anche la mentalità di Tarkovskij”, nella relazione viene poi presa in esame una sequenza di Nostalghia per “leggere le immagini” che la compongono e quindi per trovarvi i significati più autentici, tra cui il valore e il ricorso al sacrificio (anche quello della vita) come mezzo per raggiungere “l’eternità vera”. Dopo le relazioni si è aperto un dibattito cui ha partecipato, assieme ad alcuni critici cinematografici e alcuni degli stessi relatori, anche il figlio del regista, Andrej A. Tarkovskij, il quale ha affermato che suo padre “non si considerava un dissidente politico” pur se i burocrati del regime sovietico gli avevano impedito di realizzare diversi progetti cinematografici e lo avevano, di fatto, obbligato all’esilio. Ha anche detto che suo padre soffriva molto del degrado culturale presente non soltanto nella propria patria; che aveva poco dialogo con la maggior parte dei cineasti sovietici; che i suoi film non erano tanto frutto della sua fantasia quanto piuttosto di esperienze vissute e di luoghi frequentati; e che, specialmente negli ultimi anni della sua vita, la sua visione della realtà era diventata più pessimistica, e che “il mondo gli appariva sull’orlo di una catastrofe”.
Nel chiudere l’Incontro, Torri ha voluto ribadire, non solo la grandezza, ma anche l’attualità del cinema di Tarkovskij.
di Mario Fortezza