Cannes 2021, l’anno della rinascita
Dopo aver dovuto annullare l'edizione 2020 a causa della pandemia, Cannes 2021 prova a dare un segno di rinascita in una versione estiva.

Dopo aver dovuto annullare l’edizione 2020 a causa della pandemia, Cannes 2021 prova a dare un segno di rinascita in una versione estiva e così ricca di titoli da aver dovuto creare una nuova sezione, denominata Première, in grado di trovare spazio a tutti.
Cannes riparte dall’edizione 2021, e lo fa in modo scintillante, pur in una versione in ogni caso inedita, visto che il festival si svolge a luglio, a due mesi di distanza da quella che dovrebbe essere la sua collocazione temporale. Ma il senso di rinascita dopo ciò che accadde un anno fa, quando il festival venne annullato e il Palais si trovò costretto a ricoverare i malati di COVID-19, non può che essere fortissimo. Cannes 2021 riparte nel segno dell’opulenza, termine con cui spesso il festival transalpino può essere facilmente identificato: i titoli selezionati per questa settantaquattresima edizione sono addirittura 105, solo rimanendo ai lungometraggi (di cui 68 nella sola selezione ufficiale), al punto da aver convinto Thierry Frémaux ad aggiungere una sezione in più, denominata Première. È incredibile come grandeur e Cannes appaiano sinonimi in modo quasi naturale. Sarà il mulinar di stelle e stelline, le mille luci, la monté de marche con il suo impeccabile tono di rosso, quel Palais che è uno degli spazi cinematografici più mastodontici d’Europa – ma per questa edizione c’è anche un multiplex di nuova costruzione, decentrato e pensato appositamente per evitare eccessivi assembramenti nella zona della Croisette –, ma la bulimia francese non appare in nessuna maniera eccessiva, per quanto possa sembrare un ossimoro.
Ma cosa proporrà Frémaux al mondo festivaliero che non vede l’ora di tornare in sala a godere del grande schermo, dopo una bella Berlinale purtroppo vissuta sul tablet? Viene naturale sciorinare in ordine sparso alcuni dei titoli più attesi: Benedetta di Paul Verhoeven, sul leggendario scandalo lesbico di suor Benedetta Carlini in quel di Pescia; Drive My Car, il nuovo attesissimo lungometraggio che Ryūsuke Hamaguchi ha tratto dalle pagine di Haruki Murakami; Bruno Dumont e il suo France; Apichatpong Weerasethakul con Memoria, primo film occidentale del grande cineasta thailandese; Aleksej A. German che torna alla regia con Delo; i nuovi lavori di Jacques Audiard (Les Olympiades), Mathieu Amalric (Serre moi fort), Arnaud Desplechin (Tromperie), Gaspar Noé (Vortex, con il sempre amato Dario Argento a recitare); l’animazione di Mamoru Hosoda, il documentario “animale” di Andrea Arnold, il ritorno di Hong Sangsoo alle sue timbriche minimali. Questo solo per rimanere nella selezione ufficiale, ben consci che dalle parti della Quinzaine des réalisateurs e della Semaine de la Critique ci sarà molto da vedere, scoprire, amare, discutere. E con l’attesa anche per il cinema italiano, che oltre alla presenza di Nanni Moretti in concorso con Tre piani – il regista romano ha atteso un anno e mezzo per poterlo presentare a Cannes –, vede molti giovani virgulti alle prese con la conferma del loro talento (Jonas Carpignano con A Chiara, Futura di Munzi/Rohrwacher/Marcello, Re Granchio di Alessio Rigo de Righi e Matteo Zoppis, ed Europa di Haider Rashid alla Quinzaine, Laura Samani con Piccolo corpo alla Semaine), e un grande grandissimo vecchio in realtà sempre giovanissimo, Marco Bellocchio che torna a ragionare sulla propria famiglia in Marx può aspettare. Karl forse potrà aspettare, ma per fortuna è già ora di festival, di Croisette, di Palais, perché eravamo rimasti in attesa fin troppo.
di Raffaele Meale