Alle promesse seguano i fatti – Editoriale*
Dopo anni di assenze, incomprensioni, palesi ostilità, cinema e politica sono tornati a dialogare. Il nuovo titolare del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, Massimo Bray, si è dimostrato attento e disponibile ad ascoltare le esigenze e le richieste, espresse a più voci, dalle varie categorie del mondo del cinema.
Prima a Venezia, in occasione della Mostra della Biennale, successivamente a Roma, durante il Festival Internazionale del Film, Massimo Bray ha promosso e partecipato ad una serie di incontri e confronti, non limitandosi, come spesso accaduto con i suoi predecessori, ad un formale atto di presenza. La discontinuità con il passato, emersa fin dal discorso pronunciato da Bray all’indomani del suo insediamento, davanti alle commissioni congiunte di Camera e Senato, per illustrare le linee programmatiche del ministero, rappresenta un elemento assai positivo, che induce ad un certo ottimismo e dà speranza che qualcosa effettivamente possa cambiare.
Nelle occasioni citate, il ministro Bray ha annunciato di volersi impegnare in una serie di riforme tutte condivisibili. Alcune sono particolarmente impegnative e complicate da realizzare perché toccano interessi consolidati e poteri forti. E’ il caso dell’introduzione di un prelievo sulla filiera, destinato ad alimentare fondi per la produzione, la distribuzione e la promozione del cinema, riforma che provider ed imprese di comunicazione osteggiano in ogni modo. Per altre iniziative, prima fra tutte una completa revisione legislativa del settore, occorrono passaggi parlamentari particolarmente complicati ed ostici nella situazione politica in cui ci troviamo. Insomma è indubbio che per realizzare grandi ed auspicabili trasformazioni sia necessario concedere al ministro Bray il tempo necessario, ma nello stesso tempo altre riforme potrebbero e dovrebbero essere messe in campo rapidamente. Non saranno quelle destinate a rivoluzionare il settore e a risolvere le malattie endemiche del cinema italiano, ma si tratterebbe comunque di interventi in grado di garantire una più serena e normale sopravvivenza alla nostra industria.
Il suggerimento, che è anche una richiesta al ministro, è dare subito un segnale concreto alle promesse e alle manifestate disponibilità al cambiamento. Ad esempio provvedendo all’azzeramento delle varie commissioni ministeriali, sostituendo, con personalità di indubbia e riconosciuta professionalità, gli attuali membri, nominati dai predecessori con criteri quanto mai discutibili e accomunati, nella stragrande maggioranza dei casi, dalla mancanza di specifiche competenze nel settore. Così come, a prescindere dai criteri di assegnazione, comunque meritevoli anch’essi di qualche approfondita riflessione, sarebbe oltremodo auspicabile una maggiore rapidità nell’assegnazione delle risorse, in particolare di quelle destinate al settore della promozione. Molto spesso l’entità dei contributi, che ogni anno vengono attribuiti a festival, rassegne ed eventi, viene determinata e comunicata quando suddette manifestazioni si sono già svolte, obbligando gli organizzatori a realizzare le iniziative senza conoscere il budget a disposizione. Invece che a cavallo fra luglio e agosto, come accaduto in anni recenti, non si potrebbero assegnare queste risorse già a gennaio o febbraio? Sarebbe una piccola riforma a costo zero, ma molto apprezzata ed utile e tutto il comparto se ne gioverebbe.
In altre parole bisogna evitare che le difficoltà strutturali e l’oggettiva carenza di risorse pubbliche diventino un alibi per giustificare l’assenza di una volontà politica all’azione, come troppo spesso accade soprattutto negli enti locali, come dimostra la vicenda legata alla digitalizzazione delle sale. Il mondo del cinema è alla vigilia di una nuova svolta epocale. Anche in Italia, dal 1° gennaio i cinema non riceveranno più film in pellicola, ma solo in formato digitale. Il rischio è la sparizione di molte delle strutture esistenti, perché, mentre in altri paesi il processo di digitalizzazione dell’esercizio cinematografico è già stato completato, da noi gli schermi digitalizzati sono soltanto il 70% di quelli attualmente funzionanti. A parole, Comuni e Regioni si dichiarano interessati a difendere queste sale in difficoltà, a rischio estinzione, soprattutto cinema tradizionali ubicati nei centri storici delle piccole e grandi città, ma concretamente gli aiuti offerti sono quasi sempre insufficienti. Senza impegnare nuovi capitoli di spesa, intervenire su IMU o nuove tasse analoghe, abbattere quanto richiesto alle sale per la raccolta rifiuti, offrire gratuitamente spazi per la pubblicità, sarebbero modi diversi e concreti di aiutare davvero le sale in pericolo e di conseguenza i film d’autore, che in questo segmento di esercizio hanno il proprio principale referente e traggono la maggior parte dei propri introiti.
Un futuro fatto solo di multiplex e di film di facile consumo non ci entusiasma. Come SNCCI continueremo a batterci contro chi vorrebbe eliminare la cultura e la diversità, illudendosi che tutti i problemi del cinema italiano si risolvono con Zalone. Significativo in questo senso un manifesto che The Space, importante catena di multiplex, ha fatto esporre alle recenti Giornate Professionali di Sorrento, dove «si ringrazia Taodue, Medusa Film, Gennaro Nunziante e Checco Zalone per aver dimostrato ancora una volta che il cinema italiano è vivo e che non sono i critici ma gli spettatori a decretare il successo di un film». Come critici siamo grati a The Space per averci finalmente rivelato una verità ignota, ma intanto, contrariamente agli impliciti desideri di The Space, è utile ricordare che la critica e gli uffici stampa non sono la stessa cosa e compito dei critici non è quello di promuovere i film, ma di giudicarli. E’ un ruolo, anche di servizio pubblico, a cui non intendiamo rinunciare: The Space se ne faccia una ragione.
* Editoriale del Presidente SNCCI Franco Montini pubblicato sul n.72 di CineCritica
di Franco Montini