In ricordo di Aldo Viganò

La Redazione del SNCCI sinceramente ricorda la persona e il lavoro di Aldo Viganò.

È con profonda tristezza che vi rendiamo partecipi della scomparsa del socio decano e Presidente emerito del Gruppo Ligure Aldo Viganò.

Piangiamo un caro amico, uno stimatissimo collega e una figura di riferimento della vita culturale del Sindacato e del campo cinematografico nazionale.

Insegnante di Storia e Filosofia, critico cinematografico e teatrale per Il Secolo XIX, docente di Storia del Cinema, consigliere culturale del Teatro Stabile di Genova, Aldo Viganò è stato per molti anni la guida e una delle figure più prestigiose del Gruppo Ligure Critici Cinematografici SNCCI, che si ritrova oggi a fare i conti con una perdita incolmabile.

Il ricordo
di Massimo Marchelli

Per 15 anni presidente del Gruppo ligure, dopo essere stato vice per 12, e ancora vice per altri 9. Insomma, 36 anni al centro del Gruppo ligure.

Questo il dato archivistico nel SNCCI. Ma dietro i dati cronologici ci sono sempre le attività, e quelle di Aldo Viganò (1941-2024) hanno di fatto confutato la credenza del poco ma buono: tante sono infatti state le sue attività, oltreché buone, e non solo al cinema. Per il teatro di prosa è stato infatti recensore, e consulente culturale del Teatro di Genova, curandone il bollettino, le pubblicazioni dei testi rappresentati, gli appuntamenti sui grandi temi e insegnando alla Scuola di recitazione. Infine, anzi in primis, docente di storia e filosofia.

Il cinema però è sempre stato il suo grande amore, coltivato con piglio “rivoluzionario” ancor prima dei malumori sessantotteschi, quando fu tra i pochissimi a mettersi di traverso alla cultura ufficiale rivendicando i valori del cinema americano e di quello popolare: non si trattò certo di una contrapposizione ideologica e men che mai contenutistica, quanto linguistica, il linguaggio della settima arte (allora si diceva ancora così), che aveva nei generi il terreno creativo più fertile. I riferimenti erano ovviamente francesi, i “Cahiers”, “Positif” e “Presence du cinéma”. Atteggiamento scomodo, e infatti non è stato mai più assunto da nessuno nella distanza dalla cultura ufficiale.

Quella provincia che è Genova grazie anche a lui divenne una capitale della cinefilia. In questo la sua attività si svolse assieme a quella di Sandro Ambrogio, singolare figura di operatore culturale cinematografico: le rassegne cinematografiche, persino la gestione di sale (con biglietti scontati per gli studenti, ed era il 67!) fecero diventare Genova un punto di riferimento per gli appassionati di cinema di mezza Italia.

Poi venne tuttavia qualcosa di ufficiale, quando cominciò a recensire film per la principale testata cittadina “Il Secolo XIX”, per entrare quindi poco dopo nel Sindacato attraverso il Gruppo ligure. La sua presenza segnò una quantità di iniziative (anche in ambito nazionale, coordinando gli interventi in diverse assemblee e curando la sezione bibliografica di “Cinecritica”) e una decina di pubblicazioni, compresi due Quaderni di cinema in video, realizzati con Piero Pruzzo e il sottoscritto.

Altrettanti sono i volumi scritti in prima persona, dal primo, Dino Risi nel 1977, precoce rivalutazione del maestro della commedia italiana (argomento di un altro suo volume), all’ultimo, Una pallottola per Roy nel 2024, un libro tanto piccolo nella dimensione fisica quando grande nello spessore concettuale. Il discorso sulla narrazione cinematografica lì sviluppato attraverso le strutture di genere è infatti esemplare per la comprensione del cinema attraverso il cinema stesso e non attraverso i contesti ideologici, sociali e culturali, perché nulla infastidiva Viganò come i discorsi su “cinema e…”. In quest’ultimo libro su Walsh l’autore fa anche un’esplicita dichiarazione sui suoi oggetti d’amore, cioè i registi che hanno filmato come hanno respirato, che hanno fatto non solo del grande cinema, ma lo hanno fatto ininterrottamente, film quindi come respiri, che non possono essere interrotti. Ecco allora il recente Tutto De Sica, «personaggio che ha saputo inventare e reinventare se stesso», e l’ormai lontano Claude Chabrol del 1997. Nello stesso anno il Festival France Cinéma a Firenze dedicò l’omaggio al cineasta francese: lì una mattina Chabrol disse a Viganò di avere passato la notte a leggere il suo (di entrambi!) libro, alla presenza dello scrivente, che non provò mai così tanta invidia per l’indimenticabile amico, compagno di tante avventure cinematografiche. Non lo dimenticheranno neppure gli spettatori della Stanza del cinema, gli ultimi fortunati a verificare dal vivo la sua puntuale autorevolezza sull’attualità cinematografica, l’autorevolezza che portò generosamente al SNCCI.


di Redazione
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