2020+1: reinventare lo sguardo. Una presentazione della 36. SIC
Pubblichiamo il testo introduttivo alla 36. Settimana Internazionale della Critica redatto per il catalogo dalla delegata generale Beatrice Fiorentino.
A cinque giorni dalla preapertura della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia pubblichiamo il testo introduttivo alla 36. Settimana Internazionale della Critica redatto per il catalogo dalla delegata generale Beatrice Fiorentino.
Ripartire dallo sguardo, nell’Anno Uno della pandemia. Dal rapporto tra spettatore e film.
Cos’è il cinema oggi? Cosa cerchiamo nelle immagini dopo un’intera stagione trascorsa “a distanza”, privati del contatto fisico, costretti a comunicare attraverso il filtro di piattaforme e devices? Dopo un anno di call, di DAD e di streaming. Di relazioni interrotte, di corpi negati, di festival trasmessi in modalità digitale, dovendo subire la diaspora della comunità cinefila (e non) sotto la minaccia implacabile del virus, ma compiendo anche ogni possibile sforzo per mantenere intatto lo spirito di chi – come noi – è sempre affamato di condivisione e confronto.
È stata soprattutto questa la grande sfida: riappropriarci dell’atto della visione in termini teorici e interrogarci. Cos’è il cinema dopo la pandemia? Cosa è cambiato nel nostro sguardo? Come guardiamo oggi?
Il corpus della selezione della 36.a Settimana Internazionale della Critica di Venezia porta inevitabilmente addosso i segni delle nostre esperienze recenti. I film scelti assieme alla commissione di selezione – composta da Enrico Azzano, Paola Casella, Simone Emiliani e Roberto Manassero – tra quasi 600 iscritti da oltre 75 paesi (un numero sorprendente rispetto alle aspettative iniziali e al passato), relativizzano il nostro vissuto, ci aiutano a elaborarlo, ci portano a ragionare in termini universali.
Sono storie che invitano alla reciproca connessione, che cercano nel passato risposte ai dubbi di un presente evidentemente fragile, che spingono a riflettere su quegli aspetti cruciali che sono stati violentemente sconvolti dal sopravanzare del covid-19 e delle sue successive varianti: il senso della vita e della morte, le (nuove) coordinate dello spazio e del tempo, i corpi, le distanze, la paura. Lo status dell’Uomo nel mondo.
Contemporaneamente la SIC non vuole abdicare al compito della riflessione critica sull’estetica e la politica delle immagini. Non possiamo né vogliamo perdere di vista l’obiettivo principale della nostra ricerca: individuare le traiettorie più coraggiose e vitali del cinema di oggi, andare alla scoperta degli autori di un cinema del domani, catturare gli indirizzi più interessanti verso i quali sta evolvendo il linguaggio visivo e sonoro.
Questa duplice sfida si è tradotta in un programma di 7+2 titoli di varia provenienza, con numerosi, inusuali, fertili incontri co-produttivi che sono il chiaro segnale di un cinema sempre più globale, il riflesso di un’identità mutante e di quella necessità -già messa in luce- di favorire connessioni (non solo finanziarie ma di sguardo) sia dentro che fuori lo schermo. Nove film, quindi, d’autore e di genere, lirici o furiosi, istintivi, intimi, distopici o carnali. Ma soprattutto liberi. Autentici. Vivi.
Se una cosa abbiamo compreso è che, nonostante i cattivi auspici, il cinema è tutt’altro che morto durante la pandemia. Il cinema non muore mai. Si adatta e si trasforma. Asseconda e nutre il nostro inesauribile bisogno di emozioni e di storie, di verità e di sogni. L’auspicio più grande è quello di poter finalmente condividere a Venezia, al buio della sala, un rinnovato sguardo sulla realtà e sulle immagini.
di Beatrice Fiorentino