Zoran, il mio nipote scemo

Il film diretto da Matteo Oleotto e vincitore della Settiimana Internazionale della Critica a Venezia 2013 esce nella sale italiane.

Zoran, il mio nipote scemo

Paolo, quarant’anni, inaffidabile e dedito al piacere del buon vino, vive in un piccolo paesino vicino a Gorizia. Trascina le sue giornate nell’osteria del paese e si ostina in un infantile stalking ai danni dell’ex-moglie. Un giorno, inaspettatamente, si palesa suo nipote Zoran, uno strano sedicenne cresciuto sui monti della Slovenia. Paolo dovrà prendersi cura del ragazzino e ne scoprirà una dote bizzarra: è un vero fenomeno a lanciare le freccette. Questa per Paolo è l’occasione giusta per prendersi una rivincita nei confronti del mondo. Ma sarà tutto così facile?

«Il vin fa alegria, l’acqua xè il funeral; chi lassa il vin friulan, xè proprio un fiol d’un can». Il massiccio Paolo Bressan lo sa bene: questi versi intonati dal coro del suo paese, lui li ha messi in pratica tutta la vita. Infatti beve, tanto. Ma la zia Anja, diventata polvere, ha in serbo una sorpresa che si chiama Zoran Spacapan, un nipote che scemo appare, e non sarà. Matteo Oleotto traccia un amabile ritratto di una comunità friulana, in cui ci sono molti bicchieri, tenuti in mano per sedare solitudini e disincanti. In questa “tranche de vie” italo-slovena si sorseggia, si gioca, si canta, si cerca. E si fugge: dalla vita, dal passato, dalle responsabilità, dall’amore. Come fa Paolo. Mentre il nipote alla Harry Potter, ma senza bacchetta magica, scivola nella penombra difendendosi con un’innocenza un po’ squilibrata, come il suo parlare italiano, insinuandosi nelle derive quotidiane dello zio. Oleotto prende spunto dalla polifonia corale delle sue terre per scrivere sul pentagramma della vita una rapsodia che ha il profumo aspro del mosto prima, lo spessore corposo di un buon vino rosso poi. E in questo liquido esserci di Paolo e di Zoran, ciascuno sente il richiamo di un paesaggio interiore forse perduto, insieme a un desiderio di vivere, di esserci, di sorridere.

Matteo Oleotto, nasce a Gorizia nel 1977. Nel 2011 si diploma come attore presso la Civica Accademia d’Arte Drammatica “Nino Pepe” di Udine e nel 2005 come regista presso il Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma. I suoi cortometraggi hanno ricevuto premi in tutto il mondo. Ha lavorato anche come regista per programmi televisivi e spot commerciali; è stato coproduttore, aiuto-regista e attore in Nonna si deve asciugare di Alfredo Covelli e attore coprotagonista in Lezioni di Cioccolato di Claudio Cupellini. Sta lavorando al suo secondo film e, nel tempo libero, si occupa di vino gestendo la vigna di famiglia.

Note critiche
di Mariella Cruciani

“Dopo 13 anni trascorsi a Roma, ho deciso di ritornare a casa mia, in Friuli Venezia Giulia, per girare il mio primo film. Gli anni trascorsi a Roma mi sono serviti per formarmi come regista ma anche per scrollarmi di dosso le dinamiche del piccolo centro in cui sono nato e cresciuto. Proprio questo distacco e il mio conseguente ritorno mi hanno regalato la lucidità nell’osservarle,  assieme ad una gran voglia di raccontarle, quelle dinamiche”. Così il regista Matteo Oleotto ha spiegato la genesi del film Zoran, il mio nipote scemo in cui, effettivamente, le vicende del protagonista interpretato da Giuseppe Battiston si intrecciano a quelle della piccola comunità in cui vive. Paolo (Battiston) è un quarantenne disilluso e inaffidabile che passa le giornate a fantasticare sui luoghi in cui vorrebbe andare, pur sapendo che non andrà mai. La sua vita reale, invece, scorre tra le stesse facce, nella stessa osteria, con l’unico conforto di uno, o più, bicchieri di vino ( “el vin tien su la vita, l’acqua la butta zò. El vin xè la salute, l’acqua xè il funeral)”.

Tutto cambia quando Paolo, ragazzo mai cresciuto, si trova suo malgrado a fare i conti con Zoran (Rok Prasnikar), quindicenne timido e stralunato che, invece, vuole crescere. Zoran Spacapan è la sorpresa che la zia Anja, defunta, ha deciso di lasciare in eredità al nipote Paolo. I due personaggi sono uno l’opposto dell’altro: se Paolo aggredisce, straparla, confonde, falsifica i fatti, Zoran si difende grazie alla sua innocenza e si insinua delicatamente, catalizzando il bene e il meglio di tutti. Se fino a quel momento, Paolo ha lasciato che la vita gli passi sopra, travestendo la propria incapacità da fatalismo, ora non è più possibile: Zoran rappresenta la variante inattesa che rimette tutto in discussione, l’ingranaggio che inceppa il sistema. L’intero film è costruito sull’opposizione dei caratteri: il cinismo e il calcolo di Paolo si scontrano con la mitezza e la buonafede di Zoran, in un divertente gioco delle parti. Zoran ha due abilità, una “alta” e una “bassa”: parla un italiano aulico come Bruno Ganz in Pane e tulipani e ha un talento naturale per le freccette. Lo scorbutico zio, dalla cattiveria “monicelliana”, vorrebbe sfruttarlo per cambiare vita ma, anche in questo caso, il regista fa la scelta giusta e non cede alla tentazione di ostentare il riscatto del protagonista. Oleotto mantiene la macchina da presa regolare e statica, al totale servizio della storia, ricercando una regia funzionale e attenta alle lentezze dei personaggi, insieme ad una fotografia volutamente opaca e poco brillante. Il risultato finale è una commedia rigorosa, intelligente e che predilige le anime dei personaggi, piuttosto che i fatti esteriori.

Un’opera prima divertente e convincente, da vedere insieme a Still life per confermare l’idea che è possibile un altro modo di pensare, di agire, di vivere e che il cambiamento, forse, passa proprio attraverso personaggi come Zoran o l’anonimo impiegato del film di Uberto Pasolini: figure marginali, apparentemente perdenti, ma portatrici di autenticità e di umanità.


di Mariella Cruciani
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