Velocità massima
Nel film d’esordio di Daniele Vicari c’è una storia semplice: alla periferia di Roma un meccanico di auto truccate partecipa a gare notturne e clandestine dove si vince molto denaro. Grazie ad auto preparate con un giovane aiutante, egli vincerà l’ultima gara, grazie alla quale potrà salvare l’officina pagando i debiti contratti con una banca.
I temi del film non sono certo nuovi: l’amicizia virile superiore all’amore, la contrapposizione tra borghesia e proletariato, il riscatto sociale attraverso un “gioco pericoloso”, infine, l’ambientazione “marginale di pasoliniana memoria; tuttavia il talento di Vicari sta tutta in una sceneggiatura ridotta ai pochi elementi essenziali della vicenda e a una regia concentrata sugli spazi fisici necessari, l’officina, il paesaggio circostante (la campagna e il mare, due elementi così lontani dalla città) e sulla presenza “forte” dell’attore protagonista, Mastrandrea,(già visto e apprezzato soprattutto nell’interessante “L’odore della notte” di Claudio Caligari) che sa infondere al suo personaggio una sorta di malinconico realismo. Quanto ai riferimenti che qualcuno vorrebbe “obbligati” al cinema pasoliniano o a quello del cosiddetto maledettismo americano anni cinquanta, alla James Dean per intenderci, il regista se ne tiene piuttosto distante, rinunciando per scelta a qualsiasi elemento di riflessione sociale o esistenziale, concentrandosi piuttosto sulla storia nel suo incedere rapido e senza pause (con l’eccezione forse un po’ scontata di una sottovicenda amorosa). Velocità massima è infatti un piccolo, ma intenso film d’azione concentrata in due soli luoghi (la casa-officina e la strada) dove si recita il medesimo dramma quotidiano della vita reale e della sua rappresentazione.
Nella bella sequenza finale, la sola ad avere un carattere simbolico, l’idea stessa di rappresentazione viene annullata dallo smontaggio integrale dell’automobile, ossia del “mito” stesso per la durata di una notte, poiché se l’oggetto sognato è dunque effimero, fatto di pezzi montati insieme, non lo è invece il tempo, che nel binomio lentezza-velocità è il demone che governa le azioni dei personaggi.
di Maurizio Fantoni Minnella