Una spiegazione per tutto
La recensione di Andrea Vassalle, seguita dalla rassegna stampa a cura di Simone Soranna riguardo a Una spiegazione per tutto, di Gábor Reisz, Film della Critica dal Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani.
Una spiegazione per tutto, di Gábor Reisz, distribuito da I Wonder Pictures, è stato designato Film della Critica dal Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani – SNCCI con la seguente motivazione:
«Il fallimento di un normale esame scolastico diventa per il regista ungherese Gábor Reisz l’occasione per uno scandaglio nevralgico all’interno delle contraddizioni di un Paese, minato da grandi contrapposizioni e soffocato dai conservatori orbaniani. Un film all’apparenza sul disagio esistenziale giovanile che sa trasformarsi con intelligenza in un’opera dal forte impatto politico».
La recensione
di Andrea Vassalle
“L’apoliticità non esiste. Tutto è politica”, scriveva Thomas Mann. Lo è ogni gesto, ogni scelta, ogni relazione che intratteniamo con la comunità. Ma fino a che punto è possibile estendere questo concetto? Può essere politica anche una bugia? Può esserlo una domanda all’apparenza semplice e innocua? E quali meccanismi possono innescare? Ruota attorno a questi interrogativi Una spiegazione per tutto, film diretto da Gábor Reisz e vincitore della sezione Orizzonti dell’80° Mostra del Cinema di Venezia, il cui arco narrativo germoglia dall’intreccio della quotidianità di quattro persone. Persone di generazioni ed estrazioni diverse, alle prese con una dimensione ordinaria che proprio per l’interconnessione e la propagazione diventa straordinaria.
Abel è uno studente di 18 anni alle prese con l’esame di maturità, sono gli ultimi giorni di ripasso e non riesce a prepararsi a dovere in storia. Il padre Gyorgy è un architetto fieramente patriottico e conservatore, che non potrebbe accettare l’idea che il figlio venga bocciato. Jacob è un giovane professore di storia di ideologia liberale, mentre Erika è una giornalista alla ricerca di una storia per “Giorni ungheresi”, il giornale per cui scrive. In tutta la prima parte osserviamo la loro routine giornaliera, composta da momenti abituali, intimi, quasi rubati, che si susseguono librandosi nel racconto. Una sigaretta fumata in bagno, la videochiamata tra Abel e la compagna di classe Janka (di cui è innamorato), un risveglio turbato da un sogno ormai dimenticato.
Attimi di fugacità che fanno da anticamera al casus belli: l’esame di storia di Abel. Il ragazzo fa scena muta, nonostante i professori tentino di aiutarlo e gli propongano di cambiare argomento. Rimane in silenzio anche quando Jacob gli domanda come mai sulla sua giacca ci sia una coccarda con i colori nazionali, e tentando di spiegare al padre la sua bocciatura lascia intendere che la motivazione risieda proprio in quella domanda, che nasconderebbe motivazioni politiche. La coccarda, rimasta accidentalmente sul bavero dal 15 marzo, festa nazionale per la celebrazione della Guerra d’Indipendenza ungherese del 1848, è infatti anche il simbolo del partito nazionalista di Viktor Orbán. Questo episodio “va scorrendo e va ronzando nell’orecchie della gente”, come la calunnia rossiniana, spandendosi e montando sempre più, di racconto in racconto, fino all’articolo di Erika e fino a divenire un caso nazionale.
Gábor Reisz mette così in scena la profonda spaccatura che anima l’Ungheria (ma che in realtà valica i confini ungheresi riguardando anche noi) annidandosi sotto una coltre di ordinaria apparenza e facendosi sempre più abissale giorno dopo giorno. Un solco originato da un’insolubile incomunicabilità e soprattutto dall’incapacità di ascoltare, che non riguarda solo il rapporto tra padri e figli, tra alunni e insegnanti o tra rivali politici, ma anche persone della stessa generazione o ideologia. Questa frammentazione, ed è l’elemento chiave e di maggior rilevanza, è espressa dalla struttura narrativa, che evolve come un mosaico alternando luoghi e protagonisti differenti, in un flusso che oscilla tra la più stretta intimità e la vita pubblica, includendo storie personali e la storia del paese. Come in una polifonia (evocata dalla colonna sonora) voci e pensieri si rincorrono e si sovrappongono, senza escludere le ambiguità e le contraddizioni di ciascun protagonista. In un presente in cui vige tale frammentarietà a farne le spese è inevitabilmente la Storia, costantemente manipolata, rinnegata, riscritta, dimenticata o persino mai compresa.
Una breve rassegna della stampa italiana sul film
(a cura di Simone Soranna)
Sin dalla sua presentazione alla Mostra del Cinema di Venezia, Una spiegazione per tutto è stato accolto piuttosto positivamente dalla stampa italiana, che lo ha definito uno dei titoli più importanti dell’intera edizione del Festival.
Roberto Manassero, sulle pagine di Film Tv, cala il film all’interno della politica contemporanea, notando come «a partire da una vicenda banale – per salvare la faccia dopo essere stato bocciato alla maturità, un ragazzo s’inventa d’essere stato punito dal professore di sinistra per via della bandiera ungherese appuntata alla giacca – Gábor Reisz porta in superficie tensioni e ossessioni dell’Ungheria di Orbán, persa nella propria spirale d’odio e bloccata in una perenne guerra civile fra presente e passato, nazionalismo e comunismo, difensori della patria e traditori, “fideisti” (dal nome del partito del presidente, Fidesz, votato dal padre del protagonista) e progressisti, con la stampa radical-neofascista (fenomeno da noi al momento ancora sconosciuto) a soffiare sul fuoco».
Gli fa eco Federico Pontiggia che su Il Fatto Quotidiano scrive: «Esame di maturità con annesso scandalo nazionale: succede nell’Ungheria di Viktor Orbán, circostanziata e sondata dal quarantaquattrenne Gábor Reisz nello stupefacente Magyarázat mindenre, che arriva nelle nostre sale il 1° maggio con il titolo Una spiegazione per tutto dopo la vittoria di Orizzonti a Venezia 2023 e tanti altri premi».
Sempre di politica parla anche Gian Luca Pisacane, che sulle pagine di Famiglia Cristiana introduce così l’opera: «Se non ti occupi di politica, la politica si occuperà di te. Lo sosteneva nel 1934 l’attivista statunitense Ralph Nader, e resta sempre attuale. Come ragionare oggi al cinema sulle mosse dei governanti? La risposta arriva dal folgorante Una spiegazione per tutto di Gábor Reisz, che ha trionfato nella sezione Orizzonti alla Mostra di Venezia». Del suo stesso parere è anche Lorenzo Ciofani, che per La Rivista del Cinematografo esalta in questa maniera il lungometraggio: «Tutto è politica, tutto è politico. Anche un esame di maturità, punto di partenza (e di approdo) di un film magnifico».
Emanuela Martini, su Cineforum, sposta la lente critica su altri fronti, notando come il film racconti di «persone normali in circostanze ordinarie, che però, per una serie di piccoli incidenti, delusioni, segni, sogni, fatti, intrecci, finiscono per diventare straordinarie. Come capita a tutti nella vita di tutti i giorni».
di Andrea Vassalle