Una ragazza a Las Vegas
Chi si attende il ritorno del vero Stephen Frears con questa commedia, convenzionale nello sviluppo, avrà un ulteriore delusione.L’autore di Gumshoe (1971), My Beautiful Laundrette (1985), e Prick Up – L’importanza di essere Joe (Prick Up Your Ears – 1987) e di Alta fedeltà (High Fidelity – 2000) sembra essersi ormai rassegnato a firmare decorosi prodotti che lasciano il vuoto nel cervello degli spettatori.
Confezione molto curata, personaggi ben disegnati da D.V. DeVincentis, un cast tutto con molti volti noti per una storia che poteva essere interessante e, invece, vive soltanto della sua epidemicità. La sceneggiatura è la base per la mediocrità del film. Questo adattamento cinematografico dell’autobiografia della giornalista americana Beth Raymer, che racconta i suoi rapporti con il mondo delle scommesse e con le bad girl degli spogliarelli, poteva dare spunto a non pochi approfondimenti sociologici raccontando di mondi paralleli poco noti ai più, di cui si conoscono unicamente i luoghi comuni. Purtroppo, forse a causa di una produzione che ha voluto presenti nel cast nomi di buon richiamo ma non sempre adatti alla bisogna, questa parte non è stata nemmeno sfiorata, raccontando soltanto quello che il grande pubblico forse desidera ascoltare.
Poiché il film è ispirato a una vicenda realmente accaduta, può essere interessante conoscerla meglio. Si dice sempre che la fortuna è cieca ma, alle volte, può capitare che ci veda bene e scelga con attenzione le persone da aiutare. Beth Raymer era una spogliarellista che, per cambiare radicalmente la sua vita, si immaginava un futuro a Las Vegas come cameriera: in poco tempo è divenuta un mito nel gioco d’azzardo, ha iniziato la sua carriera di scrittrice, ha conseguito un master alla Columbia University. Mentre stava scrivendo quello che sarebbe divenuto il suo best seller, “Lay the Favorite: A Memoir of Gambling”, D.V. DeVicentis legge alcuni capitoli, incontra la scrittrice e decide di trarne una sceneggiatura che propone all’amico regista Stephen Frears. In poco tempo, il progetto diviene un film.
Donna estremamente dolce, ha sempre avuto fiducia in se stessa e negli altri, tanto da rimanere sempre serena e gioiosa anche quando lavorava in locali non esattamente d’èlite come spogliarellista. In pochissimo tempo, con la benedizione del padre, decise di abbandonare quella vita per tentare il tutto per tutto in un luogo difficile umanamente e moralmente come Las Vegas. Nel creare la figura di Beth, DeVicentis ha dipinto un personaggio inventivo e troppo ottimista, che si lascia guidare dalle passioni e non ragiona molto. Ma la fortuna la aiuta anche quando lei rischia troppo.
Aveva realmente incontrato un giocatore d’azzardo professionista nevrotico (capace di licenziare i suoi collaboratori tra urla e strepiti per poi assumerli di nuovo aumentando le loro provvigioni) il cui matrimonio aveva finito per risentire della sua insolita carriera. L’incontro tra i due divenne rapporto romantico non corrisposto con l’evoluzione in una profonda amicizia con rispetto reciproco.
Da questo punto in avanti, molte sono le libertà che si è preso lo sceneggiatore. Accettando di curare la regia del film, Frears pretese che anche DeVicentis (con cui aveva già lavorato in Alta fedeltà) fosse costantemente sul set per monitorare l’andamento delle riprese ed essere a disposizione per eventuali variazioni della sceneggiatura. In sintesi, si era accorto della fragilità di varie parti e voleva che lo script continuasse ad essere un working in progress.
Il ritmo e i contenuti dei dialoghi sulla carta sono perfettamente ideati, coi personaggi che parlano velocemente portando il pubblico a conoscere in pochi minuti quello che sta accadendo. Poche spiegazioni per il trasferimento dalla Florida a Las Vegas ed a New York, ancora meno sugli incontri di Beth con gli altri personaggi: si ha quasi l’impressione che il film abbia subito notevoli tagli.
Come spesso accade in questo periodo a Hollywood, per risparmiare la maggior parte delle riprese è stata effettuata a New Orleans, in Louisiana, stato che fornisce incredibili agevolazioni alla gente del cinema.
La scelta degli interpreti, coraggiosa o imposta dalla produzione, ha caricato di ulteriori problemi il film. Un anno di provini per trovare gli attori più idonei e poi sono stati messi sotto contratto attori difficilmente immaginabili in quei personaggi. Nonostante non fosse entusiasta dell’idea, dopo continue insistenze dell’agente dell’attrice, Frears ha deciso di incontrare Rebecca Hall, figlia del regista teatrale inglese Peter Hall, fondatore della Royal Shakespeare Company, e della cantante lirica americana Maria Ewing. Forse perché ama lavorare con attori suoi conterranei o, probabilmente, perché era stata opzionata dai produttori, le ha dato il ruolo principale che tratteggia con attenzione ma che esce poco convincente.
Per il ruolo del giocatore d’azzardo era veramente difficile pensare a Bruce Willis, inespressivo interprete di film “tutto azione” in cui i veri protagonisti sono gli effetti speciali e gli stuntman. Il giocatore d’azzardo non è uomo d’azione, è pieno di problemi fisici e psicologici, prende farmaci per la gastrite nervosa, ha abbandonato New York e la sua pericolosa attività di book maker per ritirarsi a vivere a Las Vegas e dedicarsi solo al gioco d’azzardo, sposando con una bella donna. Il suo tentativo di fare dimenticare il cliché di macho a oltranza è apprezzabile ma privo di efficacia.
I personaggi secondari sono interpretati da attori conosciuti. La moglie del giocatore d’azzardo è una splendida donna molto curata e gelosa del rapporto che si crea tra il marito e la ragazza. Catherine Zeta-Jones, tornata a lavorare con dopo aver preso parte ad Alta fedeltà, firma il cartellino e lavora ai minimi contrattuali. Il bookmaker di New York, importante per il crollo dei sogni della giovane giocatrice d’azzardo, è stato completamente inventato. Affidato a Vince Vaughn, difficilmente si amalgama con quanto scritto nel copione.
Altro personaggio introdotto da DeVicentis è Holly, che fa amicizia con la ragazza al suo arrivo a Las Vegas e la introduce nel mondo del gioco d’azzardo. A interpretarla Laura Prepon, attrice nota per essere la protagonista della serie televisiva “That 70s Show” da noi peraltro poco nota. E’ forse l’unica che è entrata in maniera corretta all’interno del personaggio affidatole.
Film dimenticabile, vive di una buona costruzione visiva ma soffre di una forte debolezza nei contenuti e nella interpretazione.
TRAMA
Una spogliarellista, decide di tentare di migliorare la propria vita e parte per Las Vegas dove ha difficoltà a trovare lavoro. Conosce giocatore d’azzardo incallito che la convince a lavorare con lui con la promessa di facili guadagni. L’uomo è sposato con ex showgirl che non vede di buon occhio la ragazza, anzi, ne è particolarmente gelosa; alla fine, la accetta perché dimostra di avere un talento innato per il gioco d’azzardo facendo guadagnare tutti. L’uomo, insieme a un gruppo di amici esperti di matematica, tenta di mettere a punto una tecnica per sbancare i casinò di Las Vegas. La ragazza conosce allibratore da cui viene coinvolta in un pericoloso giro di scommesse illegali che rischiano di rovinarle per sempre la vita.
di Redazione