Un giorno perfetto

Col suo ultimo film Ferzan Ozpetek si immerge in un’atmosfera più cupa di quelle a cui ci ha abituato raccontando una storia intensa e drammatica, quella di un padre che non riesce ad accettare la separazione dalla moglie e, sentendosi escluso da una famiglia che cerca a fatica di ritrovare l’equilibrio in una quotidianità non sempre facile, reagisce nel peggiore dei modi, sprofondando nell’incapacità di dominare la sua aggressività e i suoi istinti violenti. Il film è tratto dal libro omonimo di Melania Mazzucco, che dà lo spunto al regista per cambiare rotta e confrontarsi con una materia particolarmente scabrosa e difficile, una storia che non prevede riconciliazione finale, in cui i contrasti non si ricompongono e non si pacificano, come invece avveniva in molti precedenti film di Ozpetek.
Più energico del recente, malinconico, Saturno Contro, più amaro de Le fate ignoranti e de Il bagno turco, realizzati agli inizi della carriera del regista, Un giorno perfetto punta molto sull’interpretazione efficace e solida dei due protagonisti Antonio (Valerio Mastrandrea) ed Emma (Isabella Ferrari). Lui è come preda di un ingestibile, lancinante senso di incapacità di adattamento a una vita fatta di solitudine e gelosia per una donna che ha scelto definitivamente di allontanarsi da lui. Tutto chiuso nel suo impenetrabile dolore e dal suo egoismo, Antonio si abbandona a improvvisi scatti d’ira, e alterna la dolcezza (con i figli, Valentina e Kevin, in un apparente quanto illusorio tentativo di riconciliazione) all’aggressività più cieca e immotivata (con Emma). E’ proprio questa aggressività – si pensi alla scena, febbrile e intensa, del tentativo di stupro subito da Emma nel canneto – unita all’ossessività morbosa che fa presagire come il dolore dell’uomo si trasformerà inevitabilmente in follia. Dal canto suo Emma tenta con molte difficoltà di far fronte alle incombenze quotidiane, di opporsi alle invadenze emotive di Antonio, di ricreare per i figli una dimensione familiare serena e solida. La Ferrari è perfetta nei panni di una donna che sembra camminare inconsapevolmente sull’orlo di un precipizio, lasciando trapelare una sensualità che non ostenta ma al contempo non nasconde. Un personaggio forse a tratti leggermente sopra le righe, ma che tuttavia trova la sua essenza proprio in questo atteggiamento fatto di eccessi, abbandoni e slanci affettivi accompagnati dal tentativo doloroso e costante di riprendere il controllo sulla sua vita – familiare, lavorativa, ma più profondamente emotiva – che rischia di andare alla deriva.
Come sempre Ozpetek – e in questo il film non si discosta da quelli che lo hanno preceduto – non vuole rinunciare alla coralità, e affianca ai protagonisti una galleria di personaggi altrettanto riusciti e ben interpretati. Ozpetek incrocia abilmente i destini dei suoi personaggi, nel corso di un’unica, singolare giornata, speciale per alcuni, e spaventosa per altri: il giorno, ironicamente, perfetto del titolo. Il regista sembra condurre un’analisi, lucida e al contempo appassionata, di questo male oscuro che divora dall’interno le vite dei due protagonisti, indugiando sugli istanti di una quotidianità in cui sta per irrompere una tragedia inevitabile, di cui però nessuno sembra poter intuire fino in fondo la portata devastante. Ma quello dei protagonisti è un male che non ha nulla di misterioso, un male semplice e inarrestabile causato da un logorio continuo, sottile, incessante: quello di un rapporto irrimediabilmente compromesso, inquinato dalla rabbia e dalla violenza, quello di una routine giornaliera fatta di piccole cose banali che diventano sempre più opprimenti e insopportabili, quello della difficoltà quotidiana di tenersi ancorati alla realtà delle cose, crescere i figli, andare a lavoro,vivere la vita di tutti i giorni insomma. E’ proprio la quotidianità che i protagonisti del film sono come impossibilitati a vivere normalmente. E il mondo che hanno attorno non li aiuta: se Emma è abbastanza giovane da attirare su di sé gli sguardi degli uomini, non lo è abbastanza per poter continuare a lavorare nel call center, il cui direttore preferisce appunto personale più giovane e la licenzia senza battere ciglio. Tuttavia, l’intento di Ozpetek non è quello di radiografare un male sociale derivante da un’istituzione sociale (quella del matrimonio): nel suo cinema, e forse non solo in esso, più che all’interno del nucleo familiare, la solidarietà, la tranquillità e l’affetto si possano trovare in quelle eterogenee e caotiche comunità di amici, descritte con vivacità ne Le fate ignoranti, e con delicatezza in Saturno contro, che in un modo o nell’altro riescono a far fronte a quel dolore sordo che invece segna indelebilmente gli infelici protagonisti di Un giorno perfetto.
di Arianna Pagliara