Tutti i battiti del mio cuore

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battiticuoreaudiardTutti i battiti del mio cuore di Jacques Audiard è un’opera rigorosa, crudelmente realistica e violenta, magistralmente interpretata da Romain Duris, già noto come attore-feticcio di Klapisch (Ognuno cerca il suo gatto – L’appartamento spagnolo).
Messi da parte atteggiamenti e toni da commedia, qui Duris incarna un ventottenne incattivito e pieno di rabbia, alle prese con le aspettative e gli insegnamenti paterni. Significativo, in tal senso, è il prologo del film, in cui Tom, il protagonista, ascolta muto l’amico ubriaco che racconta la sofferenza provata di fronte alla malattia del proprio padre, nonché come, in quel frangente, si sia scoperto, per la prima volta, lui stesso mortale. In fondo, Tom vivrà le stesse cose: la morte del genitore, la presa di coscienza della precarietà della vita umana, la necessità di assumersi, ad un certo punto, delle responsabilità.

Prima della scomparsa del padre, Tom, all’apparenza duro e spietato, è, in verità, incapace di dire di no a tutti quelli che lo circondano: all’amico, alla moglie di lui, ma, soprattutto, al pesante genitore.
Il nostro eroe, però, non è soltanto un ragazzo fragile che reagisce con violenza alla ingombrante presenza altrui, ma anche un insospettabile e sensibile, seppur brusco, talento musicale: un giorno, Tom ritrova l’agente della defunta madre, una volta pianista, e si accende in lui il desiderio di una vita “altra”.
Come nel meno riuscito Cuore sacro di Ozpetek, anche in questo caso, un personaggio deve scegliere tra mondo paterno e mondo materno, tra violenza e riscatto, tra vita e morte.

Per tutto il film, chi guarda fa il tifo per il ruvido Tom e, verso la fine, si illude di cominciare, con lui, una nuova esistenza: proprio a questo punto, la situazione precipita, il ragazzo si ritrova invischiato nel passato e reagisce con l’antica aggressività impotente.
I legami di sangue sono più forti di tutto e non si può sfuggire alle loro leggi: così sembra voler concludere Audiard, sferzando lo spettatore e non lasciando spazio alcuno alla speranza e alla redenzione.
Un film cupo, tragico, vero, ispirato e impietoso.


di Mariella Cruciani
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